di Smeralda Nunnari
«Ha cuore colui che conosce la paura, ma tiene sotto controllo la paura; chi guarda nell’abisso, ma con orgoglio. Chi guarda nell’abisso, ma con occhi d’aquila, chi con artigli d’aquila afferra l’abisso: costui ha coraggio.» (Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra)
Richard Georg Strauss, compositore e direttore d’orchestra tedesco nasce a Monaco di Baviera, l’11 giugno 1864, giovanissimo ricopre la carica di Kapellmeister, presso la Hofoper di Monaco, dopo Hans von Bülow. L’artista riveste un ruolo rilevante nella vita musicale tedesca dell’epoca lasciando la sua impronta nella storia musicale tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Convinto sostenitore della corrente neotedesca di Wagner e Liszt, si oppone a una finalizzazione pura e fine a se stessa della musica, insistendo sulla necessità di conferire alle composizioni musicali un contenuto programmatico, letterario o narrativo, integrante e chiarificatore del contenuto musicale proposto da una grande orchestra.
Il significato generale del programma che va inteso non in senso descrittivo, ma di premessa poetica, viene spiegato da Strauss stesso in una lettera a Hans von Bülow: «Or dunque, se si vuol creare un’opera artistica che abbia unità in quanto ad ambiente e costruzione complessiva, e se la medesima deve agire plasticamente sull’ascoltatore, è necessario che quel che l’autore volle dire appaia anche plasticamente alla visione del suo spirito. Ciò è possibile quando esiste lo stimolo di un’idea poetica, indipendentemente dal fatto che essa sia aggiunta oppure no all’opera come programma».
Trova, così, la sua genesi, fra il 1886 e il 1898, il monumentale ciclo dei poemi sinfonici. Un credo musicale, scandito in otto composizioni: Aus Italien (1886), Don Juan (1888-9), Macbeth (1886-91), Tod und Verklärung (1888-9), Till Eulenspiegel (1894-5), Also Sprach Zarathustra (1896), Don Quixote (1896-7), Ein Heldenleben (1897-8). Negli anni successivi seguono altri due lavori di simile ispirazione, la Symphonia Domestica (1902-3) e Eine Alpensinfonie (1911-15).
Così parlò Zarathustra, terzultima tra le prime otto composizioni, diventa una delle partiture più importanti e innovative dell’intero ciclo. Ricapitola le esperienze dei precedenti maggiori poemi sonori quali Don Giovanni, Morte e trasfigurazione, Till Eulenspiegel, sostenendosi su un’impalcatura filosofico – letteraria, offertagli dall’omonima opera di Friedrich Nietzsche. Un capolavoro, con forti connotazioni ideologiche, concepito dal filosofo di Röcken, nell’ora sacra, «in derheiligen Stunde», in cui Wagner muore a Venezia, in stile oracolare ed enigmatico, sottotitolato: Un libro per tutti e per nessuno.
Strauss, che non occulta i suoi orientamenti anticristiani, subisce il fascino di Zarathustra e dell’oltreuomo che controlla il suo destino con il suo potere individuale, dopo aver reciso i legami con il trascendente e sostituito agli antichi doveri la propria volontà. L’antico profeta persiano individua nella lotta tra il bene e il male l’asse intorno alla quale ruotano le vicende nell’intero universo. Egli parteggia per Dioniso e diviene profeta della sua saggezza, ossia della gioiosa accettazione della vita in ogni suo aspetto, deciso a redimere e a liberare gli uomini dalla morale cristiana, attraverso eloquenti prediche dissacratorie e parabole alla rovescia, a tratti oscure, che mostrano le brutture dell’uomo occidentale. La dottrina di Zarathustra culmina in dirompenti contenuti: la morte di Dio, il Superuomo e l’eterno ritorno di tutte le cose.
Il compositore articola il suo poema sinfonico in dieci episodi, contrassegnandoli con frasi scelte dai vari momenti lirici del testo letterario, che collega con coerenza stilistica riuscendo a convertire in termini meramente musicali l’ambiguità semantica del libro. La successione delle sezioni è la seguente: Introduzione, Gli abitanti del mondo non visto, Il grande struggimento, Delle gioie e delle passioni, Canto funebre, La scienza, Il risanato, Canzone a ballo, Canto notturno, Canto del pellegrino notturno. La prima esecuzione della composizione, diretta dall’autore, avviene a Francoforte sul Meno, il 27 novembre 1896.
Con genialità, l’artista riesce a esprimere, attraverso la sostanza puramente musicale il proprio lavoro, a prescindere da sostegni letterari e filosofici. Egli svela tutte le risorse di un’orchestra di grandi dimensioni, attraverso la sua straordinaria tavolozza di suoni, dove, come rileva Rognoni, «ogni singolo strumento diviene personaggio ‘mimico’ e dove il discorso musicale, apparentemente provocatorio, è in effetti lo specchio deformante delle convenzioni e dei modelli mitologici della società borghese e del suo ambizioso sogno di potenza».
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