Armoniosi accenti in Trentino-Alto Adige: intervista a Paolo Marchettini.

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di Sebastiana Ierna

Il 16 e 17 maggio 2023 l’Orchestra Haydn eseguirà in prima assoluta, all’Auditorium di Bolzano e Trento, Armoniosi accenti del 48enne compositore e clarinettista Paolo Marchettini. Poliedrico artista romano, è insegnante di composizione e teoria presso la Manhattan School of Music di New York. La sua musica è edita da Raitrade e dalle Edizioni Curci.

Maestro Marchettini, il suo nuovo pezzo le è stato commissionato dalla Fondazione Haydn. Può raccontarci il rapporto con quest’ultima e com’è nata la proposta?

Seguo l’Orchestra Haydn da un po’ di tempo e ne apprezzo il grande valore ed eclettismo. L’idea del mio lavoro nasce dal direttore artistico, il Maestro Giorgio Battistelli, che ha pensato a me per questo particolare progetto.

Ha già collaborato con l’orchestra alto-atesina?

Questa è la prima volta, e ne sono molto felice e curioso.

Mi interessa conoscere la genesi di Armoniosi accenti. Quali sono le sue caratteristiche e che tipo di linguaggio lo contraddistingue?

Il titolo viene da un bellissimo verso di Ugo Foscolo, e utilizzo lo stesso organico della Gran Partita di Mozart: un insieme di fiati, con anche strumenti oggi poco usati, quali i corni di bassetto. Un unico arco è presente: il contrabbasso. Per Mozart questo strumento aveva quasi funzione di basso continuo; io ho voluto farlo emergere in un momento particolare della composizione, come un personaggio solitario che prende la parola. Un frammento, dalla linea del basso del terzo movimento del capolavoro mozartiano, stabilisce l’intero materiale tematico e armonico del lavoro. Da una maestosa armonia gli strumenti prendono vita, agitandosi a poco a poco fino ad arrivare a un allegro dai forti contrasti ritmici. Danze dai molti colori, inaspettate luci, e momenti in ombra.

Conosce il direttore d’orchestra Ottavio Dantone, che sarà sul podio nei due concerti?  Ha già lavorato con lui?

Lo conoscevo solo di fama, sia come fantastico clavicembalista, sia come direttore. Abbiamo già parlato e ho sentito subito una grande affinità musicale e umana.

In programma ci saranno anche la Serenata Nr. 10 in Si bemolle maggiore di Mozart e la Sinfonia Nr. 96 in Re maggiore di Haydn. Come trova questa combinazione?

Come dicevo il mio lavoro è profondamente connesso con quello di Mozart, sebbene lo stile sia assai lontano. Per rendere omaggio all’orchestra, ho anche inserito in modo organico una piccola citazione dalla Sinfonia N.104 di Haydn. Sono quindi nel mezzo di questi due giganti. Credo sia curioso il contrasto tra il contemporaneo e un passato glorioso ancora vivo.

Qual è il messaggio della sua creazione orchestrale? Cosa desidera condividere in particolar modo con il pubblico?

Sicuramente una grande energia vitale e anche un senso di mistero. I fiati rispetto agli archi sono molto più solari e diretti, ed è difficile poter esprimere con loro un senso intimo, introspettivo. È quello che ho cercato di fare soprattutto nella parte finale del lavoro. Per me l’arte deve sempre avere qualcosa di inspiegabile: è forse uno dei mezzi più potenti per avvicinarsi a ciò che è oltre noi stessi, ciò che è spirituale e quindi universale.

Nel panorama della composizione contemporanea, come può definire il suo ruolo e, nello specifico, questo pezzo?

Pasolini si definiva una forza del passato. Mi sento vicino a questa definizione, ma non nel senso di un classicismo o manierismo storico. Cerco attraverso la musica di riconnettermi con forze arcaiche, con le mie radici profonde. Per me il canto ha una funzione predominante, e non dev’essere necessariamente affidato alle voci. Ho anche un atteggiamento istintivo verso il comporre, seppur controllato e mediato attraverso la tecnica. Ritengo la funzione dell’intuizione come un aspetto imprescindibile, quasi magico. Non so se ci riesco ma cerco di rispettare la musica, nel senso di prendere atto delle sue logiche senza voler imporre troppo il mio volere. Cerco di indagare il mistero della vita attraverso i suoni.

 

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