di Maria Musti
Morire pochi giorni prima del suo quindicesimo compleanno. Questo il triste destino di Carl Filtsch, pianista e compositore rumeno: a conferma del suo raro e precoce talento, Franz Liszt disse «se questo ragazzino comincerà a girare il mondo dando concerti, io dovrò chiudere bottega». Nato a Sebes, allora Mülbach, nel 1830, ebbe una vita breve ma intensa, lasciando un segno indelebile nella storia della musica.
Allo studio approfondito della sua opera si sta dedicando Ramona Munteanu, 42enne pianista rumena residente a Venezia da 18 anni, che a Cremona Musica International Exhibitions and Festival terrà un concerto monografico: l’abbiamo incontrata per scoprire qualcosa di più sul suo incontro con Filtsch e sulle sue ricerche.
Lei è nata in Transilvania, terra d’origine di Carl Filtsch. Cosa l’ha portata a vivere in Italia?
Sin da bambina ero affascinata dal Bel Paese, da Venezia e Roma in particolare: ero stregata dalle foto dei viaggi dei miei genitori, dai vetri di Murano, dalle piccole gondole souvenir. Sognavo di visitarla, e il destino mi ha dato una mano: quando ero iscritta all’Accademia di musica di Cluj-Napoca, la mia città, vinsi una borsa di studio Erasmus per studiare proprio a Venezia. Sarei dovuta rimanere quattro o cinque mesi, ma poi sostenni l’esame di ammissione al biennio specialistico di Pianoforte al Conservatorio Benedetto Marcello. Innamorata della bellezza della città, decisi di restare.
A Cremona Musica terrà un concerto monografico dedicato a Filtsch. Come si è avvicinata alla figura di questo compositore?
Da studentessa lo sentivo nominare spesso, perché a Sibiu in Transilvania (non lontano dalla sua città natale), da ben 27 anni ha luogo un concorso pianistico internazionale a lui intitolato, in cui per ogni categoria è previsto almeno un suo brano d’obbligo [link al sito del concorso in calce all’intervista]. In Romania, dunque, è molto noto e la sua musica trova lo spazio e l’attenzione che merita. Ma è stata una sorpresa trovare sue tracce a Venezia: qualche anno fa mi capitò di visitare il cimitero monumentale di San Michele, un vero e proprio museo a cielo aperto, dove riposano anche Diaghilev e Stravinskij. Lì mi sono imbattuta nella tomba del giovane Carl: non trovai neppure un fiore a impreziosirla, il che mi rattristò molto. Nacque così l’idea di mettermi in gioco per salvarlo dall’oblio: cominciai subito a cercare spartiti, notizie, lettere, con l’idea di pubblicare un disco e un volume a lui dedicati.
A questo punto vorremmo sapere qualcosa di più della vita di questo enfant prodige…
Filtsch nacque in Romania, allora parte dell’Impero austro-ungarico, il 28 maggio 1830. Il cognome è di origine tedesca; il padre, un pastore protestante, fu il suo primo insegnante di pianoforte. Resosi conto dell’eccezionale talento del figlio, a sette anni lo portò a Vienna, dove Carl, che già aveva intrapreso la carriera concertistica con una trionfale tournée in patria, studiò con Friedrich Wieck – il padre di Clara – oltre a frequentare Liszt, Meyerbeer, Thalberg e la corte imperiale. Dalla capitale austriaca scrisse alla sua famiglia una lettera in cui racconta che lo stesso Liszt gli aveva donato una copia della sua trascrizione della Serenata di Schubert, con la dedica “Al meraviglioso bambino della Transilvania”. Inoltre, e questo è indicativo del suo straordinario talento, pare che il grande virtuoso ungherese gli abbia impedito di baciargli la mano, esclamando «No, non farlo, siamo colleghi!».
Una vera e propria investitura!
Esatto! Nel 1841 lo troviamo invece a Parigi, dove visse fino al 1843. Nella capitale francese divenne alunno di Chopin, che fece un’eccezione per lui, visto che non amava seguire i bambini e che non riceveva mai i suoi allievi più di una volta a settimana: invece al giovane Carl impartiva ben tre lezioni settimanali, sia di composizione che di pianoforte. Chopin lo considerava il suo alunno prediletto, nonché il suo miglior interprete, tanto da affermare che nessuno lo aveva mai capito bene «come quel bambino». Dopo Parigi, Filtsch si recò a Londra, dove si esibì per la regina Vittoria, e in seguito rientrò a Vienna. Nell’estate del 1844 tornò a casa, in Romania, ma già presentava i sintomi della malattia che ne avrebbe decretato la scomparsa prematura: la tubercolosi.
Cosa portò Filtsch a trasferirsi a Venezia?
I medici gli consigliarono di spostarsi in una località di mare, perché il clima, secondo loro, lo avrebbe aiutato a guarire. Purtroppo non fu così e il giovane prodigio si spense poco prima del suo quindicesimo compleanno, nel maggio del 1845.
E di Filtsch compositore, cosa può dirci?
Ha lasciato 18 opere, quasi tutte per pianoforte solo, tra cui una fantasia drammatica su temi ungheresi, tecnicamente molto impegnativa, degli studi, un preludio e fuga, un tema e variazioni su Il pirata di Bellini; ma anche un’ouverture, un brano per violino e pianoforte e un Konzertstück per pianoforte e orchestra.
Qual era il suo stile?
Nei brani di Filtsch si respira la freschezza della gioventù, caratteristica che trovo molto d’impatto: frutto di una persona che non ha ancora vissuto i grandi dolori della vita. L’ultimo brano, significativamente intitolato Adieu, è in Do minore, ma resta lontano da quegli abissi di dolore che caratterizzano invece Chopin.
Dal punto di vista pianistico sono pezzi scritti con perizia ed efficacia, si percepisce la mano di un esecutore esperto che conosceva in modo approfondito lo strumento in tutte le sue possibilità tecniche ed espressive. Sono brani virtuosistici, di notevole difficoltà, ma che donano grande soddisfazione a chi li suona. In alcuni troviamo chiari echi dello stile del suo maestro, in altri invece è più evidente l’influenza di Liszt e Thalberg, i due più grandi virtuosi del tempo. Nella Romanza senza parole, invece, è Mendelssohn il riferimento principale.
Come sta portando avanti la sua opera di ricerca?
Gli spartiti, curati da Ferdinand Gajewski, sono liberamente scaricabili dal sito del Concorso “Carl Filtsch” di Sibiu, insieme ad alcune testimonianze del tempo. Per quanto riguarda la componente storica, sto radunando recensioni ed epistolari per ricostruire in modo approfondito il percorso di questo sfortunato artista. Un importante aiuto mi sta arrivando da Csíky Boldizsár, uno dei fondatori del concorso, nonché pianista e docente all’Accademia di Musica di Cluj-Napoca, e da Federico Foglizzo, giovane studente di musicologia all’Università di Pavia, che sta svolgendo un’attenta ricerca su Chopin.
Non esiste ancora una biografia su Filtsch, ed è una lacuna che vorrei colmare al termine della mia ricerca, pubblicandone i risultati; possiamo invece godere della sua musica, grazie alle incisioni di una pianista giapponese, Chiyo Hagiwara, e dello stesso Csíky Boldizsár.
Quando potremo ascoltarla a Cremona Musica?
Sabato 23 settembre alle 17 in sala Stradivari. Vi aspetto con grande emozione, perché essere inserita nella programmazione della kermesse musicale più importante d’Europa è un grande onore, ma anche una bella responsabilità. Sono felice di poter condividere la musica di Filtsch con un pubblico così vasto e competente.
È la sua prima partecipazione come artista?
Sì, e per questo ringrazio il coordinatore artistico, Roberto Prosseda. Ho avuto occasione di parlare con lui del mio progetto di ricerca, che lo ha colpito a tal punto da invitarmi a tenere un concerto a Cremona: ne sono molto felice e onorata. Ritengo che, per un musicista, questa manifestazione sia una preziosa e piacevole occasione di incontro, aggiornamento e condivisione. Invito tutti, musicisti professionisti, amatori e semplici appassionati, a organizzarsi per trascorrere almeno una giornata a Cremona Musica!
Ulteriori informazioni: Concorso Internazionale Carl Filtsch di Sibiu
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