di Salvatore Sclafani
Tra il XIX e il XX secolo, la cultura argentina esprime la propria identità attraverso due immagini fondamentali: la Pampa, l’immensa pianura che occupa un’ampia parte del paese, e il gaucho, il mandriano senza terra nativo di questa regione. Zona rurale distante dal mondo urbanizzato e capace di conservare la sua dimensione ancestrale, la Pampa è vista come culla e baluardo della cultura locale. Il gaucho, celebrato per lo sprezzo del pericolo e il carattere solitario, incarnazione di valori morali nobili e profondi, ne è l’abitante emblematico. Le cause del successo di questi simboli sono da reperire nella congiuntura politica e sociale dell’Argentina della seconda metà del XIX secolo, un giovane paese sudamericano che aveva dichiarato la sua indipendenza dalla Spagna nel 1816. Nella prima fase della storia repubblicana argentina, la classe dirigente del tempo, in uno slancio progressista teso ad imitare i paesi europei, vede nella promozione dello sviluppo urbano la chiave di volta per la crescita economica e culturale della nazione. L’aspirazione progressista è tale da promuovere l’immigrazione europea verso l’Argentina, che a quell’epoca è un vasto Paese scarsamente popolato. Questa politica produrrà un aumento importante della popolazione residente nelle città, e in particolare nella capitale Buenos Aires. Ma se all’inizio l’arrivo degli europei è visto positivamente ed incoraggiato come fattore di modernizzazione, alla fine del XIX secolo le élite guardano con preoccupazione al cambiamento demografico provocato dalla crescita ormai quasi incontrollabile della popolazione immigrata, ora considerata come une potenziale “minaccia” all’unità della nazione. Così, l’intellighenzia cerca e impone dei simboli capaci di esaltare l’appartenenza alla cultura argentina “autentica”, e tali da tracciare una netta distinzione tra la popolazione nativa e quella di origine straniera. Saranno proprio i motivi della vita rurale, della Pampa e del gaucho a definire l’argentinidad. Stigmatizzati in passato in nome del progresso, questi elementi diventano per le classi al potere l’ultima roccaforte capace di assicurare e garantire la loro “argentinità”, di fronte ad un flusso migratorio senza regole.
Tra le immagini ricorrenti nella creazione artistica, insieme al gaucho e alla Pampa è spesso presente anche la chitarra. Nell’iconografia, infatti, il gaucho suole essere rappresentato mentre si accompagna a questo strumento. In letteratura, inoltre, i motivi del gaucho e della chitarra sono alla base del genere gauchesco, diffuso in Argentina tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX : si tratta della letteratura della generazione romantica locale, che rende omaggio al gaucho e alla sua vita solitaria e avventurosa. Il suo linguaggio e i suoi costumi sono al centro di romanzi e di poemi che esaltano questi uomini in quanto simboli di argentinidad.
Anche nello stile musicale dell’epoca, l’espressione dell’identità autoctona si fonda sul ricorso al gauchesco, ed all’immagine della chitarra in particolare. Quest’ultima è spesso evocata tramite la stilizzazione di aspetti legati alle sue timbriche, ai suoi modi di produzione sonora, o attraverso la citazione di sequenze armoniche di accompagnamento di canzoni e danze folcloriche.
Il compositore Alberto Williams (1860-1952) è tra i fondatori del cosiddetto “nazionalismo musicale argentino” ; la sua opera El rancho abandonado, composta nel 1890 e quarto brano della serie En la sierra, Op. 32 per pianoforte, è considerata da numerosi specialisti come il punto di partenza di tale tradizione.
Emblematica dell’incontro tra la scrittura post-romantica europea e l’elemento musicale popolare argentino, l’opera è sovente indicata come la prima vera composizione della musica “colta” argentina per via del carattere allusivo della sua sequenza di nove battute, che richiama la struttura armonica specifica di una huella, danza folclorica locale, e la sua formula di accompagnamento alla chitarra. La scelta della huella non è casuale. All’epoca di Williams, tale danza conosce un enorme successo grazie all’azione di numerosi teatri popolari che propongono, a Buenos Aires e in altre città, spettacoli di musica e danze folcloriche.
Il carattere programmatico dell’opera è iscritto nel titolo: il compositore si riferisce a un rancho, luogo tipico della vita rurale argentina ed elemento fondamentale dell’universo del gaucho. La rappresentazione musicale del rancho è affidata ad un linguaggio pianistico suggestivo e descrittivo, legato ad uno stile prevalentemente impressionistico. L’immagine della chitarra interviene soltanto nella sezione centrale, fra le misure 51 e 59, e contrasta drasticamente con il carattere calmo e malinconico dell’opera. Il riferimento alla huella è espresso dalla sequenza armonica tipica di questa danza : I, VI abbassato, III abbassato V, I. La chitarra è a sua volta suggerita dai numerosi accordi ripetuti, che imitano la prassi esecutiva dello strumento. L’interpolazione quasi ex abrupto dell’elemento argentino pone così l’opera nel quadro di una nuova tradizione musicale nazionale.
La scelta di trasporre in un linguaggio pianistico la tecnica d’esecuzione alla chitarra degli accordi di una huella risponde all’esigenza di esprimere, in modo stilizzato e ricercato, dei tratti musicali locali. El rancho abandonado deve quindi il suo ruolo pionieristico nella storia della musica argentina alla rielaborazione dei motivi autoctoni che esso presenta, e in particolare alla rappresentazione simbolica della chitarra, elemento distintivo del gaucho e quindi dell’identità locale, metaforicamente filtrato nella scrittura accademica. Per questa ragione, il brano di Williams sembra inoltre possedere una duplice dimensione culturale, europea e argentina, date la sua continuità con le estetiche post-romantiche e impressioniste in voga nell’Europa del tempo, e la sua aspirazione ad animare un nuovo filone musicale nel Paese. El rancho abandonado apporta dunque un contributo fondamentale alla creazione di una tradizione musicale argentina “colta” e il suo successo sin dalla sua pubblicazione ne è una importante testimonianza.
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