Donizetti Opera 2021: alla scoperta di una Bergamo tanto amata

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di Gabriele Cupaiolo

Siamo giunti alla settima edizione del Donizetti Opera, festival di carattere internazionale dedicato al celebre compositore bergamasco. L’evento, organizzato dalla Fondazione Teatro Donizetti – la quale, presieduta da Giorgio Berta e sottoposta alla direzione generale di Massimo Boffelli, si avvale della direzione artistica di Francesco Micheli e di quella musicale di Riccardo Frizza -, si svolgerà a Bergamo, Città di Gaetano Donizetti dal 18 novembre al 5 dicembre 2021.

Composta da tre titoli operistici, consisterà entro una nuova modalità di fruizione, ossia in una serie di appuntamenti concertistici e attività collaterali che verranno dettagliati nei prossimi mesi: vivace la serata inaugurale (18 novembre) con il basso bergamasco Alex Esposito e gli allievi della Bottega Donizetti per un inedito spettacolo intitolato C’erano una volta due bergamaschi; di poi, nel Teatro Donizetti ormai restaurato, sarà il turno de L’elisir d’amore (19 e 28 novembre, 5 dicembre) e de La fille du régiment (21 e 26 novembre, 3 dicembre) di Donizetti e della Medea in Corinto di Giovanni Simone Mayr (20 e 27 novembre, 4 dicembre) al Teatro Sociale.

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A partire dalla qui menzionata edizione, il Festival scommetterà su un grande, riconosciuto interprete del teatro musicale di oggi: il basso Alex Esposito; a lui, di natali bergamaschi, sarà affidata per un periodo di tre anni la Bottega Donizetti, un luogo sia fisico che mentale ove i giovani artisti potranno usufruire di tutta la pregnanza emotiva ed intellettuale delle indicazioni del maestro, proprio come avviene nelle botteghe artigiane propriamente intese. La serata inaugurale del Donizetti Opera 2021, proposta al Teatro Sociale giovedì 18 novembre (ore 20) e intitolata C’erano una volta due bergamaschi…, sarà dedicata proprio a Esposito e ai suoi ragazzi, nella modalità di un operashow che non sarà soltanto l’occasione per presentarli al pubblico, ma anche per raccontare due vite parallele – quella di Donizetti e quella di Esposito – accomunate dall’amore per la musica e per la propria città.

Non sarà semplice recital, ma un vero e proprio spettacolo con tanto di drammaturgia autonoma allestita da Francesco Micheli e da Alberto Mattioli; allegato e sottinteso un messaggio: l’opera è ad oggi più viva che mai, cosicché il Festival non voglia solo celebrarne i fasti di altri tempi, ma anche prepararne l’avvenire. Il programma musicale – affidato al pianista Michele D’Elia e all’Ensemble Donizetti Opera – comprenderà – accanto a pagine di Donizetti – altre di Jacques Offenbach, Gioachino Rossini, Wolfgang Amadeus Mozart, Arrigo Boito e Hector Berlioz, scelte per comporre un ritratto in musica dello stesso Esposito.

A questo modus operandi si attiene la scelta di eseguire La fille du régiment nell’edizione critica Ricordi e di avventurarsi alla riscoperta della figura e dell’opera di Giovanni Simone Mayr, maestro di Donizetti, di cui Medea in Corinto è una fra le opere più pregnanti e qualitativamente alte; la versione messa in scena al Festival sarà quella ripensata dal Nostro nel 1821, proprio per venire incontro alle esigenze del Teatro Sociale di Bergamo, dove sarà rappresentata. Non abbiamo a disposizione prove documentali che Donizetti avesse partecipato alla riscrittura dell’opera o alla sua produzione, ma in quel periodo si trovava a Bergamo, disoccupato: difficile dunque pensare che Mayr non abbia coinvolto nella sua opera il suo allievo per antonomasia.

Al Teatro Donizetti il cartellone proseguirà con due titoli operistici fra i più famosi e rappresentati del compositore bergamasco, due lavori a lieto fine che, si spera, possano fungere da simbolo di svolta rispetto ai funesti mesi di emergenza sanitaria. Come sempre, elemento fondamentale nella stesura del programma festivaliero è conciso con l’attività di approfondita ricerca sull’eredità e sulla lettura dell’identità musicale operistica di Donizetti, affidata allo studio della sezione scientifica della Fondazione Teatro Donizetti, diretta da Paolo Fabbri.

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