Ennio Morricone: l’uomo dietro il mito. Intervista a Marco Morricone.

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di Margherita Levante

Speciale Cremona Musica 2024

 

Marco Morricone, imprenditore, è il primo dei quattro figli di Ennio. Nato a Roma nel 1957, completati gli studi classici si è iscritto alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma. Ha lavorato per trent’anni alla Società Italiana Autori ed Editori e, a partire dagli anni Novanta, ha seguito l’attività concertistica di suo padre Ennio, accompagnandolo in tutto il mondo. Dal 2017 si occupa di iniziative legate al terzo settore ed è il presidente di Armonica, una Onlus da lui fondata insieme alla famiglia. All’edizione 2024 di Cremona Musica International Exhibitions and Festival il documentario Ennio di Giuseppe Tornatore ha ricevuto il Cremona Musica Award per la categoria Comunicazione.

 

Com’è nato il progetto di Armonica?

Dico sempre che è stata un’idea nata di pancia: sentivo l’esigenza di restituire una parte dei privilegi che la vita mi ha regalato, avendo vissuto fianco a fianco con mio padre e con la sua musica. Il progetto poi ha preso forma soprattutto grazie a mia moglie Monica, che è vice-presidente e motore dell’associazione. Abbiamo iniziato nel 2017, con i primi laboratori di ricerca sonoro-musicale dedicati ai pazienti, e in particolare ai bambini oncologici lungodegenti; negli anni successivi il progetto è cresciuto. Mio padre non sopportava la sofferenza: come tutte le persone avanti negli anni aveva le sue preziose fragilità. Il progetto è supportato dal Ministero della Salute, dagli Istituti Sanitari, e da un ospedale molto conosciuto di cui non posso fare il nome.

 

Il progetto è condiviso anche con Arnoldo Mosca Mondadori, a sua volta ideatore di un’iniziativa che unisce musica e solidarietà.

Esattamente. Arnoldo utilizza il legno recuperato dai barconi dei migranti per costruire strumenti ad arco: violini, viole, violoncelli e contrabbassi che vengono realizzati nelle carceri. Al Conservatorio Verdi di Milano, lo scorso 24 settembre, abbiamo omaggiato mio padre proprio attraverso l’esecuzione della sua musica con strumenti di Mondadori.

 

Com’è riuscito suo padre a tenere in equilibrio vita familiare e successo artistico? Cosa le manca di più di lui?

Ha tenuto noi fuori dal suo lavoro, nei limiti del possibile. Dall’altra parte si è sempre riconosciuto nei ruoli di padre e di uomo. Ha ereditato dal dramma della Seconda Guerra Mondiale la necessità di avere disciplina e regole: svegliarsi presto al mattino, mantenere aperta la comunicazione. Viveva isolato quando scriveva, ma partecipava alla vita quotidiana quando usciva dal ruolo di professionista. Era una persona come tutte, stupendamente contraddittoria. Quello che più mi manca sono i suoi silenzi. Perché, come lui diceva, «le combinazioni musicali probabilmente sono finite, quello che distingue una dall’altra sono le pause, quindi i silenzi».

 

Cosa la colpisce della kermesse di Cremona Musica?

C’è tanto entusiasmo, ho visto giovani visitare con il sorriso i padiglioni della fiera, partecipare alle presentazioni. La musica dà tanta gioia, non dobbiamo mai dimenticarlo.

 

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