di Stefano Teani
“Music is Viral”. “Che la musica abbia un nuovo inizio”. Sono queste le due frasi che hanno inaugurato il 66º Festival Puccini di Torre del Lago, che ha allestito la prima opera lirica post-covid in tutta Europa. A pronunciarle rispettivamente la regista Valentina Carrasco e la presentatrice Valentina Lo Surdo. Che si trattasse di una serata speciale era chiaro fin dalle 19:30, quando i primi spettatori hanno cominciato a entrare nella suggestiva location della Cittadella del Carnevale, con ben due ore di anticipo rispetto all’inizio dell’opera. Muniti di mascherine e biglietto preventivamente stampato, con posti distanziati per evitare in ogni modo assembramenti, tutti i protocolli di sicurezza sono stati applicati scrupolosamente ma senza alcun onere per gli spettatori, che in maniera semplice e veloce sono stati guidati e aiutati dalle maschere. A disposizione del pubblico anche un’App da scaricare sul proprio cellulare per seguire al meglio il libretto.
L’atmosfera positiva, il clima di festa animato dalla gioia di potersi finalmente ritrovare per condividere quel rituale collettivo che è l’opera lirica, hanno caratterizzato ogni momento. Il tutto enfatizzato dalla presentazione della poliedrica Valentina Lo Surdo, che ha intrattenuto gli ospiti introducendo le numerose personalità presenti. Anche questo è il segno di quel cambiamento ricercato da Giorgio Battistelli per rendere il festival più appetibile, aperto ed efficiente. È quindi seguito un minuto di silenzio, molto sentito, dedicato alle vittime della strage di Viareggio, avvenuta il 29 giugno di 11 anni fa. Entra il direttore, si comincia.
Ebbene sì, i cantanti indossano la mascherina. La rilettura proposta dalla regista argentina prevede un Gianni Schicchi ambientato in tempo di Covid-19, dunque tutti a distanza e muniti di mascherine, gel igienizzante in scena e plexiglas per isolare il cadavere di un Buono Donati caduto vittima del virus. Tuttavia, sebbene a questo punto venga spontaneo storcere il naso, pensando di essere di fronte all’ennesima forzatura registica fine a se stessa, bisogna subito ricredersi in quanto ogni scelta operata da Valentina Carrasco trova un’adeguata giustificazione nel testo pucciniano e non crea alcun disturbo. Al contrario, la sagacia con cui sono stati inseriti questi rimandi alla pandemia, ottengono il gradito effetto di enfatizzare la comicità già insita nell’opera di Forzano e Puccini, come testimoniano le reazioni divertite provenienti dal pubblico durante l’intera durata dello spettacolo. Ecco che l’opera si apre così a proiezioni di brevi filmati o immagini, quali il presidente Conte che invita a chiudersi in casa o l’autocertificazione del notaio quando si reca al capezzale di Buoso.
Ovviamente tutto questo ha reso ancora più difficile per il cast e per l’orchestra la gestione dell’insieme, aspetto che non è stato molto aiutato dall’amplificazione, non sempre ottimale. Ciononostante l’orchestra si è dimostrata all’altezza della situazione, affidandosi alla mano esperta di John Axelrod che ha diretto sempre con grande sicurezza, gestendo al meglio ogni possibile difficoltà. Il cast, di buon livello in ogni sua componente, è riuscito a fare miracoli. Si tratta, infatti, di un’opera già complessa in condizioni ordinarie, se vi si aggiungono poi i problemi dell’amplificazione e del fare musica all’aperto, può diventare un’impresa davvero ardua. Oltre alla qualità vocali, ciò che davvero ha colpito il pubblico è la grande vena teatrale di questi artisti, di cui molti giovani. Spiccano in particolare lo Schicchi di Bruno Taddia, la Zita di Rossana Rinaldi e il medico e notaio di Alessandro Ceccarini.
Infine, conclusa l’opera e sugli scroscianti applausi di un pubblico pienamente soddisfatto, il nostro Gianni fa calare nuovamente il silenzio per un inatteso bis della celeberrima aria di Lauretta che, ancora una volta, non è stata inserita solo per strappare un applauso in più. Durante tutto il brano, infatti, si sono susseguite le immagini di mani e visi di anziani a ricordare tutte le vittime della pandemia, come testimoniato dalla frase apparsa sullo schermo durante l’accordo finale: “ai nostri cari babbini…”.
Un plauso dunque alla direzione artistica di Giorgio Battistelli che fin dalla prima data scuote il festival di Torre del Lago da un antico torpore per riportarlo nella direzione della creatività e della qualità. La stessa scelta di aprire la stagione con un’opera che affonda le proprie radici nella commedia dell’arte (dunque utilizzando maschere), all’interno della Cittadella del Carnevale (regno delle maschere per eccellenza) rileggendola mediante l’uso di mascherine chirurgiche, è un’ulteriore conferma dell’intraprendenza intelligente del direttore artistico.
Con questa serata l’Italia torna a fare storia. Com’è giusto che sia, l’opera post-covid rinasce in Italia, sua terra natia. Ed è bene ricordare che non solo da noi è rinata, ma che ha anche dato un segnale d’innovazione priva di forzature, dimostrando ancora una volta che il popolo italiano sa dare sempre il meglio di sé durante le avversità.
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