di Smeralda Nunnari
«Sono sicuro che nelle mie opere appaio come Dio mi ha fatto e così come sono diventato attraverso l’azione del tempo, della mia nazionalità ed educazione. Non sono mai stato falso con me stesso. Quello che sono, buono o cattivo, lo debbono giudicare gli altri.»
(Čajkovskij, lettera a Sergej Ivanovič Taneev del 14 gennaio 1891).
La vicenda del fabbro Vakula, innamorato della bella Oksana, che acconsente di sposarlo a condizione di avere gli stivaletti ornati d’oro della zarina, è tratta dalla fiaba ottocentesca russa di Nikolaj Gogol’: La notte prima di Natale. Pëtr Il’ič Cajkovskij resta affascinato dal libretto scritto da Jakov Petrovič Polonskij, per il compositore Aleksandr Nikolaevič Serov, morto nel 1871 lasciando incompiuta l’opera. E decide di completarla, partecipando al concorso bandito dalla Società musicale russa di Pietroburgo, in memoria della mecenate, la granduchessa Elena Pavlovna Romanova, grande ammiratrice di Serov.
Il suo lavoro, apprezzato dai membri della giuria, tra cui Nikolaj Rubinstein e Nikolaj Rimskij-Korsakov, vince come migliore prova, unica corrispondente ai requisiti artistici del concorso. Kuznec Vakula (Il fabbro Vakula) – questo il titolo iniziale dell’opera – va in scena il 6 dicembre 1876, al Teatro Mariinskij di Pietroburgo, ma contrariamente alle aspettative generali non riscuote l’atteso successo. L’opera, in tre atti e otto scene, continua ad essere rappresentata per ben diciotto volte, nelle tre stagioni successive, nel medesimo teatro. Cajkovskij, insoddisfatto dell’opera, non consente la sua rappresentazione in altri teatri. L’artista russo, prendendo atto dei difetti della partitura, in una lettera all’amica e mecenate Nadezda von Meck, considera: «l’opera soffre per il groviglio e la sovrabbondanza di dettagli, di cromatismi complicati, per la mancanza di levigatezza e compiutezza dei singoli pezzi […]. Lo stile è del tutto antiteatrale, manca di respiro e di movimento».
Nel 1855, il compositore effettua una radicale revisione della partitura e del libretto. Elimina alcune parti, per aggiungerne altre, migliorando le qualità teatrali del racconto originale: «Tutto quello che era cattivo l’ho tolto, tutto quello che era buono l’ho mantenuto, ho alleggerito la compattezza e la pesantezza dell’armonia: in una parola, ho fatto quello che era necessario per riscattare l’opera dall’oblio che in realtà non meritava.»
La nuova versione dell’opera, strutturata in quattro atti e otto quadri, preceduti da un’overture, va in scena al Teatro Bol’šoj di Mosca, il 31 gennaio 1887, con il titolo modificato in Čerevički, ossia Gli stivaletti. Sul podio, lo stesso Cajkovskij, per la prima volta, si esibisce nel ruolo di direttore d’orchestra.
L’azione si svolge su una trama comico – fantastica, nel villaggio di Dikan’ka in Ucraina e a San Pietroburgo alla fine del XVIII secolo:
Atto I – Scena prima: Solocha, considerata da tutti gli abitanti del villaggio una strega, capace di magie e sortilegi, confida alla luna il desiderio di voler trascorrere una straordinaria notte di Natale ed accoglie Bes, il diavolo suo spasimante. Ma Bes vuole vendicarsi del figlio di Solocha, il fabbro Vakula, perché in chiesa ha osato dipingerlo in modo buffo. Pertanto, decide di rapire la luna e provocare una tempesta, al fine di trattenere in casa Čub, padre della bella Oksana, amata da Vakula, impedendo ai due giovani d’incontrarsi liberamente a casa di lei. Tuttavia Čub si reca dal diacono, con l’amico Panas. Nella notte buia e gelida, mentre soffiano i venti e si scatena una terribile bufera di neve, Čub e il suo amico, sono costretti a rifugiarsi in una taverna. Quando la tempesta si placa, il vecchio riprende la strada di casa, ormai ubriaco.
Scena seconda: Oksana, vestita a festa, attende il fidanzato. Ha preparalo i dolci e il vino, per la brigata di giovani che sta per passare sotto le sue finestre, cantando le koljadki, tradizionali canzoni ucraine delle feste natalizie, ma è di cattivo umore. Quando Vakula arriva, Oksana non è amorevole con lui, gli dice che sua madre è una strega e che presto Čub la sposerà. Vakula resta inorridito dalle sue parole. Il vecchio cosacco, intanto, coperto di neve e ubriaco, raggiunge la porta di casa e bussa. Vakula, infuriato, non lo riconosce e gli impedisce di entrare. Oksana, offesa dai modi con cui il giovane ha trattato suo padre, lo punisce facendogli credere di essere innamorata di un altro. Ma, quando vede il giovane andarsene avvilito, si pente del suo comportamento e nemmeno l’allegra brigata in festa riesce ad alleviare i suoi rimorsi.
Atto II – Scena prima: A casa di Solocha, bussano alla porta, mentre lei e Bes danzano il gopak, suonato con vari strumenti da piccoli demoni. È Pan Golova, il capo del villaggio, anch’egli invaghito della donna. Bes fa appena in tempo ad infilarsi in un sacco, prima che l’uomo entri. Bussano nuovamente: a Golova tocca un uguale nascondiglio, mentre entra un altro goffo corteggiatore, il maestro di scuola, che invano cerca di sedurre Solocha. Per lui c’è un ultimo sacco, quando bussa Čub, accolto amorevolmente dalla strega. Rincasa, infine, Vakula, e Solocha impone al vecchio cosacco di trovar rifugio nel medesimo sacco del maestro di scuola. Il giovane solleva i sacchi, credendoli pieni di carbone e, solo dopo molti sforzi, ritenendo che la delusione d’amore sia la causa di tanta fatica, riesce a portare fuori quel carico tanto pesante.
Scena seconda: Nella strada innevata, la gioventù del villaggio intona le koljadki. Oksana si unisce a loro e dice a Vakula, in presenza di tutti, che lo sposerà solo se riceverà in dono gli stivaletti della zarina. Vakula va via disperato, portando in spalla solo il sacco dove si trova nascosto il diavolo. Il gruppo di giovani apre gli altri sacchi, pensando siano pieni di cibo. Invece, con sorpresa, escono Golova, il maestro di scuola e Čub.
Atto III – Scena prima: In riva al fiume, le rusalki (ondine) escono dalle acque gelide. Uno spirito del bosco rivela loro che un giovane, determinato al suicidio, si prepara a raggiungerle. Improvvisamente, Bes, salta fuori dal sacco e gli propone un patto: avrà l’amore di Oksana, se gli darà in cambio l’anima. Vakula finge di suggellare il patto con il proprio sangue, ma afferra il diavolo per la coda, lo scaraventa a terra e lo costringe a portarlo, in volo, sino alla sontuosa corte di Pietroburgo.
Scena seconda: Il diavolo porta Vakula fino all’ingresso della reggia. Il fabbro si aggrega ai cosacchi di Zaporoz’e, vittoriosi sul nemico, in attesa di essere ricevuti dalla zarina.
Scena terza: Quando arriva il suo turno, il gruppo viene accolto in una grande sala, dove si sta svolgendo una festa danzante. Sua Altezza riferisce la vittoria delle truppe russe. Vakula si fa avanti e chiede alla zarina i suoi stivaletti, per poterli donarli alla sua fidanzata. Il giovane, ricevuti gli stivaletti ornati d’oro, soddisfatto, monta felice in groppa al diavolo, per far ritorno a casa.
Atto IV: Solocha e Oksana piangono disperate, per la scomparsa di Vakula. Improvvisamente, il fabbro compare ed è per tutti un’immensa gioia. Il giovane ripara ai suoi errori, chiedendo scusa a Čub, che commosso gli concede in moglie Oksana. Per lei ci sono in dono i tanti desiderati stivaletti della zarina. Ma la fanciulla, felice di aver riconquistato l’amato, con modestia dice: «Non le voglio, non mi servono… Anche senza queste…». Tutto il villaggio festeggia la coppia di sposi.
Una composizione ricca di inventiva, attraverso il fascino di colori locali ed una trama che si svolge interamente tra la vigilia, la notte ed il giorno di Natale, riesce ad immergere, magistralmente, in una magica e gioiosa atmosfera natalizia. I suoi tanti personaggi con i loro sentimenti e fragilità fanno da sfondo alla vicenda amorosa del buon Vakula e della vanitosa e capricciosa Oksana. Un intreccio in cui il male e i cattivi propositi falliscono miseramente, perché Vakula riesce a sottomettere alla sua volontà, il diavolo, costringendolo, ad aiutarlo a conquistare la bella Oksana. Nel finale a sorpresa emerge la vera morale del geniale capolavoro, che porta a riflettere sul senso profondo del Natale e dell’amore incondizionato.
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