di Walter Ravetto
Venerdì 21 agosto si é svolto a Prato, nel patio della splendida Villa Sguanci, sede dell’omonima società immobiliare, la consegna dei diplomi ai primi cinque studenti, tra i quali il sottoscritto, che hanno superato il Terzo Livello del corso online sulla comunicazione dei musicisti, il Music Master Management.
A introdurre la serata si sono esibiti il bandoneonista Cesare Chiacchiaretta accompagnato dal gruppo degli archi dell’Orchestra Sinfonica “Città di Grosseto” diretto dal Maestro Jan Milos Zarzicki.
Giorni dopo il concerto ho avuto il piacere di intervistare il bandoneonista Chiacchiaretta:
Ci puoi indicare il programma del concerto del 21 Agosto?
Il programma prevedeva interamente brani di musica sudamericana. Insieme all’Orchestra di Grosseto abbiamo eseguito opere di Astor Piazzolla, un grande maestro del tango e due brani di Carlos Gardel, un famoso interprete di tango argentino degli anni ’30.
Il bandoneon, lo strumento che ho suonato, è simile alla fisarmonica, anche se presenta delle dimensioni più contenute, ed è tipico della scuola sudamericana, anche se è stato inventato da un musicista tedesco nella prima metà del XVIII secolo. Astor Piazzolla é stato un grande maestro dello strumento e gli ha dedicato numerose composizioni, quasi mai con accompagnamento d’orchestra d’archi. Infatti, la maggior parte dei brani del concerto del 21 di Agosto sono miei arrangiamenti per bandoneon solista e orchestra d’archi.
Il programma, che abbiamo riproposto il 22 Agosto presso il Chiostro della Biblioteca Chelliana a Grosseto, risulta un po’ in anticipo rispetto al 2021, che vedrà l’anniversario della nascita di Astor Piazzolla. Speriamo di poterlo proporre, con qualche brano supplementare ad un pubblico ancora più numeroso, in occasione dei festeggiamenti.
Il programma sarà sempre realizzato in collaborazione con l’Orchestra Sinfonica “Città di Grosseto”?
Spero di sì. Inoltre, essendo attivo anche come compositore, ho scritto un brano dedicato proprio ad Astor Piazzolla con coro, grande orchestra sinfonica e bandoneon solista della durata di circa 25 minuti: vorrei proporlo all’Orchestra per una prima esecuzione mondiale il prossimo anno, nell’ambito delle celebrazioni legate all’anniversario della nascita del compositore argentino.
Svolgi la tua attività di solista in Italia o anche all’estero?
In genere sia in Italia che all’estero, specialmente in duo con il chitarrista Giampaolo Bandini, con cui torneremo a suonare insieme a Grosseto, probabilmente il prossimo novembre.
In questo periodo sono stato meno attivo rispetto all’anno scorso, viste le limitazioni dovute alla pandemia, ma in genere svolgo un’attività abbastanza frequente con orchestre sinfoniche, da camera e in duo, sia come bandoneonista che come fisarmonicista. E poi, essendo compositore, a volte mi piace restare dietro la scrivania o ascoltare i miei brani eseguiti da altri interpreti.
Come hai vissuto l’impatto della pandemia sulla tua carriera concertistica?
Pensa che il 9 marzo ero pronto per un concerto a San Francisco (USA), purtroppo saltato: dal 5 marzo siamo infatti rimasti chiusi in casa. Altri concerti sono stati annullati, ma ne ho approfittato per fare altro, per studiare, per approfondire alcuni temi che avevo lasciato in sospeso, per concludere alcuni brani che avevo in cantiere e per sviluppare altri progetti. Per me comunque non é stato tempo perso, perché vivo di musica. Se suono é meglio, ma se non suono trovo sempre qualche altra attività alternativa.
Com’è avvenuto l’incontro col bandoneon? Eri molto giovane quando hai iniziato?
E’ avvenuto un po’ casualmente e non ero molto giovane. Sono fisarmonicista da 41 anni oramai, e sono un bandoneonista da una ventina.
Ho intrapreso lo studio del bandoneon un po’ per caso, un po’ perché ero appassionato della musica di Piazzolla e volevo esplorare il suono del “suo” bandoneon. Ho quindi iniziato a studiare da autodidatta a casa di fronte ad uno specchio, cercando di imitare i suoi dischi. In realtà, il problema non risiede tanto nella tecnica dello strumento, leggermente diversa da quella della fisarmonica, ma nella compressione dello stile di Piazzolla, delle fioriture, delle variazioni, che eseguiva a piacere su linee melodiche da lui stesso composte.
Ma soprattutto è difficile acquisire il gusto per realizzare le giuste fioriture al momento giusto, e trovare un buon feeling con chi ti accompagna. Per esempio, i musicisti dell’Orchestra di Grosseto sono molto bravi e suono sempre molto volentieri con loro.
E per quanto riguarda l’attività di compositore, hai dei progetti per il futuro?
Tra il 2020 e il 2021 prevedo di registrare il mio primo disco esclusivamente da compositore, che includerà due concerti per fisarmonica e orchestra sinfonica. Spero di inserire il brano dedicato a Piazzolla cui accennavo prima, ed inoltre parecchia musica da camera per formazioni un po’ insolite: per esempio, brani per fisarmonica e arpa, per fisarmonica e vibrafono e per bandoneon e contrabbasso.
Come altri compositori contemporanei, sono sempre alla ricerca, nella musica da camera, di nuove e interessanti sonorità.
Nel periodo di lockdown, ho scritto un brano per fisarmonica e tromba in Sib, un brano un po’ diverso dal mio consueto stile compositivo. Spero comunque di inserirlo nel disco.
Dove trovi l’ispirazione per i tuoi brani?
L’ispirazione me la dà principalmente l’organico per cui decido di comporre. Spesso cerco nei cataloghi le formazioni meno esplorate: ad esempio, fisarmonica e tromba oppure fisarmonica e fagotto. Poi si installa nella mia testa una cellula su cui inizio a ragionare.
Inizio a pensare alle sonorità, ai timbri, alle articolazioni degli strumenti, e dopo alcuni giorni di chiusura forzata nel mio studio, sboccia nella mia mente all’improvviso un brano, non saprei neanch’io spiegarti in dettaglio come succede. In alcuni giorni si riesce a scrivere una battuta e se ne cancellano 15, in altri invece si riesce a scrivere ben 4 pagine di musica. Basta avere solo tanta pazienza, tanta voglia e tanto piacere di farlo.
Componi anche su commissione?
Sì, spesso arrangiamenti. Ultimamente, ho scritto l’arrangiamento per quartetto d’archi e bandoneon di due brani di Piazzolla, tratti da una suite scritta per flauto e chitarra.
Si tratta di un lavoro di non semplice realizzazione: l’arrangiatore è spesso indeciso sul riarrangiare totalmente o sul mantenersi il più fedele possibile alla partitura originale. Se si decide di intraprendere la seconda strada, bisogna comunque prevedere delle inevitabili forzature in alcuni punti: in questi casi, la mia scelta è sempre quella di dare priorità alle possibilità espressive degli strumenti, conservando lo stile del compositore, ma modificando profondamente la formula compositiva adottata nell’originale.
Hai già realizzato progetti in ambito jazzistico?
Diciamo che non é il mio genere, perché non sono un improvvisatore e non ho mai praticato questo genere di musica, anche se devo dire che mi stuzzica molto l’idea. Magari in futuro!
Oltre alla musica da camera e sudamericana, a quali altri repertori ti dedichi?
Circa un mese fa, mi sono esibito in concerto come fisarmonicista solista per la Società dei Concerti di Parma, con mie trascrizioni di musiche da film di Nino Rota. Il concerto ha avuto luogo nell’ambito del 25° anniversario della morte di Fellini, a cui Rota era legato professionalmente.
Mi dedico anche alla musica contemporanea per formazioni meno esplorate. Ultimamente sono stato in Polonia, prima del lockdown, con un trio composto da fisarmonica, pianoforte e flauto. Ho interpretato prime assolute di compositori polacchi, musica molto avanguardista, che permette di mantenere aperta la mente.
La fisarmonica non l’hai abbandonata del tutto, allora.
Assolutamente no. E’ stato lo strumento che ha segnato la mia strada di musicista.
Si tratta di uno strumento che hai iniziato a studiare da giovanissimo? Forse avevi degli “esempi” in famiglia?
Ho iniziato a 8 anni e no, non vengo da una famiglia di musicisti.
Mio padre è stonato come una campana, ma è sempre stato un grande appassionato di musica operistica, senza mai praticarla. Sono cresciuto ascoltando i dischi di Beniamino Gigli e di Claudio Villa, del quale mio padre era un grande fan. Sono cresciuto con queste figure mitiche nella testa (ridendo). Questi ascolti hanno avuto per me un importante valore formativo, permettendomi di sviluppare un certo amore per la melodia e per l’espressività della musica.
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