di Salvatore Sclafani
Carlo Fontana è una personalità di assoluto riferimento, in Italia, per i lavoratori dello spettacolo. Già sovrintendente del Teatro alla Scala dal 1990 al 2005, senatore della Repubblica dal 2006 al 2008 e docente universitario, per citare solo alcuni dei diversi ruoli di grande responsabilità occupati durante la propria carriera, dal 2013 è presidente dell’AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo), ente rappresentativo, a livello nazionale, degli interessi di artisti e operatori del settore. In quest’intervista per TGmusic.it, Fontana si esprime sulle sfide che attendono lo spettacolo dal vivo nel post-pandemia, sul ruolo sociale dei teatri e sull’attuale rapporto fra politica e cultura nel nostro Paese.
Quali sono le sfide principali dell’AGIS in questa fase della pandemia?
Questi due anni sono stati come una traversata nel deserto. I teatri e le sale cinematografiche hanno sofferto della pandemia più di ogni altro settore, insieme al turismo e alla ristorazione. Dobbiamo riconoscere che il ministro Franceschini e tutto il Ministero della Cultura si sono mostrati interlocutori attenti e disponibili. Tuttavia, la ripresa si annuncia problematica: se lo spettacolo dal vivo si sta risollevando in maniera soddisfacente, la sala cinematografica, purtroppo, continua a soffrire drammaticamente.
Non siamo ancora usciti dalla pandemia e dai suoi effetti. Continuiamo a vivere un lungo momento di difficoltà. La reazione alla crisi è lenta e sono convinto che nulla sarà più come prima. Probabilmente, non torneremo alla stessa fruizione di cinema e teatro dell’era pre-pandemica: negli ultimi due anni, sono stati molto significativi i mutamenti nell’ambito delle proposte culturali e di spettacolo; soprattutto, con la diffusione massiccia degli eventi in streaming.
Quali sono i temi attualmente più pressanti per il mondo dello spettacolo dal vivo? Quanto è prioritario tenere conto degli attuali mezzi di diffusione?
In questo momento, nel mondo dello spettacolo, la tensione comune deve essere orientata al recupero di una progettualità forte, legata, a mio giudizio, anche alla riflessione sui nuovi linguaggi espressivi. A tale proposito, per illustrare alcuni esempi di risposta alle sfide cruciali che attendono le forme di comunicazione del futuro, penso a La traviata con la regia di Mario Martone, andata in scena, in assenza di pubblico, al Teatro dell’Opera di Roma nell’aprile 2021 e diffusa su Rai3, e al Macbeth del regista Davide Livermore, prodotto a dicembre dello stesso anno al Teatro alla Scala, questa volta con il pubblico in sala.
Ormai, sempre più spesso, gli spettacoli sono concepiti per l’utilizzo del mezzo audiovisivo. Ecco, allora, l’interrogativo fondamentale sul quale dovremmo concentrarci: quale identità deve avere, oggi, uno spettacolo dal vivo, tenendo conto dei nuovi modi di diffusione e comunicazione espressiva? A mio avviso, uno dei grandi temi del futuro riguarderà proprio l’armonizzazione fra l’identità originaria dello spettacolo che vive e nasce in teatro e la sua diffusione attraverso un canale capace di andare oltre il perimetro fisico del teatro stesso. Si tratta di una problematica di estremo interesse e di fondamentale importanza, che necessita una soluzione lungimirante, che penso debba riguardare soprattutto gli artisti stessi.
Pensa che lo spazio teatrale debba essere, oggi, ripensato?
Prima di tutto, credo che si debba operare una distinzione fra lo spazio teatrale e i teatri d’opera, veri e propri “monumenti” che hanno una storia, una fisionomia, un’identità da custodire. A mio avviso, ciò che può essere pensato con maggiore libertà è lo spazio scenico, specialmente nel teatro di prosa.
Recentemente, al Teatro Franco Parenti di Milano, ho assistito a Costellazioni di Nick Payne, con la regia di Raphael Tobia Vogel, una pièce agita su una piattaforma quadrata, una sorta di ring estremamente scarno, in cui l’interazione fra i due attori prendeva forma. In un ambiente scenico così spoglio, l’elemento di drammatizzazione era basato sulla parola e su un gioco sapientissimo di luci. Ho trovato particolarmente interessante questo linguaggio, costruito sul processo di scarnificazione dal superfluo all’essenza della parola.
Ma apprezzo il ritorno all’essenziale anche nel teatro musicale. Da operatore e sovrintendente, sono sempre stato un grande sostenitore del teatro di regia, quando, però, risulti funzionale alla drammaturgia e non costituisca mero elemento sovrastrutturale e autonomo rispetto al testo musicale. Recentemente, ho assistito al Julius Caesar di Giorgio Battistelli, un’opera la cui regia di Robert Carsen, dal linguaggio contemporaneo particolarmente efficace, è stata capace di valorizzare, senza deformarlo, l’intenso tessuto musicale attraverso l’immagine.
Oggi, è sempre più condivisa e riconosciuta la dimensione istituzionale dei teatri, da considerare non come luogo elitario e privilegio per pochi, ma luogo di tutti. Come si può avvicinare il pubblico ad essi? E quali sono le responsabilità di un teatro, nella società civile?
Ho sempre sostenuto l’idea già alla base del Servizio Promozione Culturale di Paolo Grassi, sovrintendente del Teatro alla Scala fra il 1972 e il 1977: la formazione di uno spettatore consapevole.
Ritengo che il post-pandemia per il teatro e il cinema debba concentrarsi su due punti cardine: la formazione del pubblico e la formazione degli operatori culturali.
Il primo punto, in particolare, deve essere incentivato attraverso forme d’educazione orientate alla naturale e spontanea fruizione del fatto teatrale; il teatro è una necessità, ma è fondamentale spiegare ai giovani perché. Il teatro ha una funzione civile di grande rilievo ed è capace di stimolare l’esercizio dello spirito critico e fornire importanti spunti di riflessione. Esso può essere determinante per la crescita dell’individuo nella società. Tuttavia, lo spettatore può acquisire tale consapevolezza se il teatro assume un ruolo fondante nella propria esistenza; addirittura, sin dall’infanzia. Ho ricevuto io stesso un’educazione che mi ha reso estremamente sensibile al teatro: lo considero un elemento imprescindibile della mia vita. E tuttora, non esito ad assistere, con grande entusiasmo, agli spettacoli.
È vero: per diversi decenni, la mia vita professionale è stata consacrata al teatro; ma la mia passione pura per lo spettacolo viene da molto lontano e si lega inestricabilmente alla mia infanzia.
Quali prospettive esistono per lo spettacolo dal vivo, alla luce delle opportunità offerte dal PNRR?
Non me ne sto occupando direttamente: all’interno dell’AGIS, il referente in tal senso è il dottor Francesco M. Perrotta, tesoriere dell’associazione e presidente di Italiafestival. Credo, tuttavia, che il PNRR possa essere un’ottima opportunità per il mondo della cultura. Il PNRR può suscitare un’importante sinergia tra turismo, cultura e spettacolo. Penso alla questione dei borghi storici, ad esempio: la loro rivitalizzazione non può avvenire senza una proposta culturale capace di valorizzarli e di spingere a una loro riscoperta.
Lo ripeto: dopo la pandemia, non possiamo aspettarci che tutto riprenda come prima. Dovremo, dunque, attivarci rapidamente, in maniera mirata ed efficace, per rispondere a tali sfide. Sarà necessario operare con costanza e consapevolezza, per ricostruire il nuovo edificio della cultura e dello spettacolo.
Come ha accolto le parole sulla cultura del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, espresse in occasione del suo giuramento del 3 febbraio 2022 per il nuovo settennato?
Abbiamo tutti accolto con grande soddisfazione il discorso del Presidente: le sue parole ci hanno scaldato il cuore. Per anni, è stata opinione diffusa che la cultura sia un elemento superfluo o ininfluente per l’economia di un Paese; con questo discorso, invece, Mattarella ha riconosciuto con convinzione il ruolo della cultura, definendola elemento costitutivo dell’identità nazionale. Si tratta, dunque, dell’affermazione di un principio fondamentale per il nostro Paese.
Vorrei anche ricordare un altro importante cambiamento di rotta. Mercoledì 10 febbraio, il premier Mario Draghi ha ricevuto una delegazione dell’AGIS, prima volta per un presidente del Consiglio incaricato. È un fatto estremamente significativo e simbolico per il mondo dello spettacolo, che mi rende ottimista riguardo alla possibilità di creare un nuovo e costruttivo rapporto con la politica.
Quali sono le sue considerazioni sulle misure messe in atto dal governo rispetto all’accesso agli spettacoli?
Penso che il governo abbia opportunamente sottolineato come i teatri e i cinema possano essere dei luoghi sicuri, portando la loro capienza al 100%. Precauzioni come il green pass, la misurazione della febbre, il tracciamento del biglietto elettronico e l’obbligo di mascherina FFP2 riducono il rischio ai minimi termini. E posso affermarlo con estrema consapevolezza, sulla base delle esperienze che vivo io stesso in prima persona: ovunque, ho potuto constatare il rispetto assoluto delle regole stabilite dal governo. Il pubblico può davvero tornare con serenità nelle sale. Tuttavia, se i teatri sono nuovamente frequentati, il cinema continua a risentire della concorrenza delle piattaforme. Ma voglio fare una precisazione, a tale proposito: le piattaforme non devono essere demonizzate; al contrario, bisogna trovare il modo di rapportarsi con esse. Sono ormai in atto, in quest’ambito, processi irreversibili. È necessario pensare a una nuova progettualità, è il momento di interrogarsi sul cambiamento determinato dalla loro estrema diffusione: è vero, si tratta di un’idea ricorrente, ma che è importante mettere in pratica. La riflessione sulla nuova progettualità non potrà prescindere dall’approfondimento e l’analisi dei fenomeni derivati dall’attuale congiuntura storica.
Dal 1985, AGIS è attiva in ambito didattico con le iniziative di Agiscuola: quali progetti educativi sono previsti nell’immediato futuro?
L’AGIS ha avuto un ruolo particolarmente importante nel cinema: da sempre, Agiscuola si è occupata di formare i ragazzi in maniera adeguata, di dar loro strumenti di conoscenza e di accesso alle opere cinematografiche. Allo stesso tempo, però, AGIS ha intenzione di estendere tali percorsi di formazione anche allo spettacolo dal vivo. Ciò costituisce, per noi, una priorità: è stato già presentato un progetto speciale al Ministero della Cultura e ho avuto un’interlocuzione particolarmente positiva col ministro della Pubblica Istruzione, il professor Bianchi.
Sono fiducioso sull’impatto importante che l’AGIS potrà esercitare sull’educazione alla ricezione dello spettacolo dal vivo. Riguardo al cinema, invece, il lavoro di Agiscuola appare più delicato, dato che, purtroppo, le sale cinematografiche hanno perso, oggi, attrattività.
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