Il violinista alla scoperta di tesori nascosti. Intervista a Luca Fanfoni.

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di Gaia Sokoli

Speciale Cremona Musica 2024.

Violinista emiliano classe 1964, Luca Fanfoni si è esibito con successo nei teatri di tutto il mondo, affiancando all’attività concertistica numerosi progetti discografici nati da una peculiare attenzione agli intrecci storico-musicali. La sua passione, coltivata assiduamente nel corso degli anni, lo porta a riscoprire e valorizzare opere e autori ormai dimenticati. Lo abbiamo incontrato in vista della presentazione a Cremona Musica International Exhibitions and Festival del suo ultimo album, Paganini: European Unpublished Works, inciso per l’etichetta Aulicus Classics.

 

Ha suonato in alcune tra le sale più prestigiose al mondo. Quale esperienza in particolare vorrebbe condividere?

Tra i momenti da ricordare resta senza dubbio la tournée di qualche anno fa in Giappone, alla quale hanno preso parte anche cari amici che purtroppo non ci sono più, come il violoncellista Luca Simoncini ed il mio insegnante Gigino Maestri. L’organizzazione di ogni evento è stata impeccabile e noi siamo stati accolti con rispetto e calore, suonando in sale meravigliose. In quelle occasioni inserii in programma opere di Pietro Antonio Locatelli, che suscitò nel pubblico una forte curiosità essendo un autore quasi totalmente sconosciuto. Alla fine dei concerti rimasi stupito dalla quantità di dischi venduti e dalla gratitudine del pubblico giapponese.

 

La sua è un’attività discografica molto intensa e orientata verso scelte particolari in termini di repertorio. Come si svolge la sua ricerca?

Da sempre amo indirizzarmi verso un tipo di repertorio inusuale e non troppo eseguito. La fortuna vuole che con le ricerche si incappi in scoperte interessanti, come nel caso dei sei inediti che propongo nel mio ultimo disco. A volte succede di imbattersi nei manoscritti in maniera casuale, curiosando in alcune biblioteche – come quelle di Londra e Parigi – o nelle dimore dei nobili. Nel caso di Paganini, a cui dedico una parte importante dei miei studi, c’è un patrimonio incredibile di opere sparse per tutta Europa. Un altro autore che merita grande attenzione è Mauro d’Alay (violinista stimato alla corte di Elisabetta Farnese) del quale ho inciso i 12 Concerti, riuscendo a reperire le partiture tra Venezia e Dresda.

 

Come nasce la sua passione?

Da ragazzo capii che la storia della musica insegnata in modo convenzionale non mi appassionava molto. Per questo motivo iniziai a dedicarmi allo studio per conto mio, e scoprì quanto affascinante fosse andare più a fondo rispetto al puro nozionismo. A Cremona ebbi la fortuna di conoscere il musicologo Albert Dunning, un uomo di grande cultura che diede un impulso determinante al mio approfondimento del repertorio di Pietro Antonio Locatelli. Altro incontro illuminante fu quello con il violinista Enzo Porta, che mi spronò a trovare la giusta sonorità per questo autore. Spesso la strada è ardua: è necessario tanto studio e una grande voglia di sperimentare al fine di avvicinarsi all’idea del compositore. Ma, dal mio punto di vista, proprio questo è il lato più stimolante e divertente dell’essere musicista!

 

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