di Margherita Malena – La redazione ha avuto il piacere e l’onore di intervistare il M° Michele Marco Rossi, violoncellista romano, tra i più rinomati nel panorama musicale internazionale.
Ci descriva chi è Michele Marco Rossi.
Un violoncellista romano nato nel 1989, direi. Bilancia. Mi dedico principalmente alla nuova musica della classicità, al repertorio contemporaneo, sia della contemporaneità “storica” (diciamo il repertorio dalla seconda metà del 1900) che di quella reale, effettiva, la musica che è stata appena scritta o che sta per nascere. Anche se in realtà nel descrivere chi sono in un ambito artistico, mi risulta difficile non pensare ai riferimenti che ho avuto e che ho ancora oggi per la mia formazione e per la costruzione (continua) di un mio percorso. Mi riferisco in particolare a Enrico Bronzi, Francesco Dillon, Ensemble Modern, e Giovanni Sollima, tra gli altri miei principali riferimenti artistici e culturali.
Come nasce la sua passione per il Violoncello?
Avevo 8 anni ed ero in vacanza estiva in Grecia con i miei genitori e mia sorella. Camminando per una stradina di Atene siamo incappati in un quartetto di musicisti di strada, mi sembra che stessero suonando Mozart. Lì ho visto e sentito suonare un violoncello per la prima volta nella mia vita, e evidentemente deve essere scattato qualcosa. A settembre ero già alla mia prima lezione, e devo dire che sono stato fortunato, perché ho conosciuto il mio primo Maestro, Adriano Ancarani, all’interno della scuola di musica Sylvestro Ganassi, in un ambiente che ancora oggi a pensarci mi dà una grande sensazione di benessere e di tranquillità nel fare musica (sensazione per me preziosa). Il violoncello è stato fondamentalmente il compagno silenzioso della mia vita, su cui per anni non ho mai riversato alcun sogno di gloria o passione trascinante. I sogni e le passioni infatti erano per tante altre cose (l’opera lirica, il teatro, la scrittura, la poesia e le canzoni); finché non mi sono reso conto che negli anni questo compagno mi era sempre rimasto affianco timidamente, con grande modestia e senza farsi notare troppo, ma con una pazienza e una perseveranza che devo ancora fare mie. E ho scoperto che con il tempo è diventato una parte imprescindibile di me.
Alla sua giovane età ha avuto l’occasione di collaborare con i compositori più noti sia del passato che del presente. Qual è l’esperienza che più l’ha segnata?
L’incontro e la collaborazione con i compositori rimane il momento più bello, stimolante e arricchente del mio lavoro. Per quanto riguarda i compositori viventi ma che sono già un classico della nostra letteratura musicale, gli incontri che più mi hanno segnato sono stati quelli con K. Penderecki e H. Lachenmann. Il primo per l’emozione immensa di suonare per lui, e per tutte le riflessioni che mi ha suscitato vedere con quanta umiltà, semplicità e attenzione si è dedicato e ha accolto (lui grande compositore ultra ottantenne – io appena venticinquenne) il mio entusiasmo per la sua musica; Il secondo per la sua profonda umanità e la sua passione bruciante. Dei grandi compositori in attività, certamente Ivan Fedele mi ha segnato in maniera indelebile; avere l’occasione di lavorare con lui, di discutere e affrontare insieme aspetti della musica e della produzione artistica, l’entusiasmo con cui anche lui ha accolto, ascoltato e guidato le mie letture, rimangono elementi imprescindibili del mio pensiero musicale. L’investimento, l’attenzione e la considerazione diretta e sincera degli artisti già affermati e riconosciuti verso i più giovani che si avventurano nel loro mondo, credo sia da sempre la caratteristica che accomuna i veri grandi di ogni ambito. Infine il prossimo anno ho in programma numerose altre collaborazioni con compositori già ampiamente affermati o emergenti con cui ancora non ho mai lavorato, e non potrà che essere una bellissima esperienza.
Che consiglio vuole dare ai giovani che decidono di intraprendere questo percorso?
La premessa è che sarei io il primo che riceverebbe molto volentieri qualche consiglio; tutto sembra sempre così sfuggevole, le realtà e le attenzioni sono in continuo cambiamento, e orientarsi rimane sempre difficile. A chi comincia a inoltrarsi in questo percorso direi di non avere fretta, di non farsi consumare dalla voglia e dal bisogno di emergere subito, di sgomitare per riuscire a trovare uno spazio in più sui social di turno, o di arrabattarsi per individuare la prima trovata che permetta di “svoltare”. In questo momento culturale credo invece che ci sia bisogno di un po’ più di lentezza, di fidarsi del tempo necessario e giusto per raggiungere la propria maturità artistica. L’approfondimento, la concretezza, prescindono dal genere di musica o dai gusti e dalle caratteristiche strumentali, e necessitano del giusto tempo di comprensione. Che è poi il tempo dell’ascolto, non solo di sé stessi, ma anche degli altri.
Dopo i suoi ultimi successi, quali saranno i suoi futuri progetti?
I prossimi compositori con cui lavorerò su un nuovo repertorio per violoncello rappresentano gli impegni più significativi e appassionanti. Ivan Fedele, Alessandro Solbiati, Lucia Ronchetti, Filippo Perocco, Fabrizio De Rossi Re, Valerio Sannicandro, e molto altri. Poi una partecipazione da solista in un disco per Kairos sulla musica di Ronchetti, insieme a nuovi lavori teatrali, collaborazioni in ensemble e gruppi da camera, e programmi da concerto. Da gennaio comincerà anche l’attività di Syntax Ensemble, il nuovo ensemble italiano per la musica contemporanea di cui sono co-fondatore, insieme a due colleghi, amici e splendidi musicisti, Pasquale Corrado e Maurilio Cacciatore. Syntax Ensemble riunisce alcuni dei migliori musicisti italiani dediti al repertorio contemporaneo, già affermati a livello internazionale; avrà base a Milano, e presto ci saranno molti aggiornamenti sulla nuova attività.
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