La Pastorale di Ludwig van Beethoven: grandioso poema celebrativo della potenza della natura.

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di Smeralda Nunnari

«Come sarò felice di poter camminare tra cespugli, boschi, alberi, erbe, rocce; non c’è nessuno che sa amare la natura come me. I boschi, gli alberi, le rocce danno veramente quella risonanza che è desiderata dall’uomo» (Ludwig van Beethoven, Lettera a Teresa Malfatti, 1808).

 

Ludwig van Beethoven, compositore, pianista e direttore d’orchestra nasce a Bonn il 16 dicembre 1770. Tra la sua intera produzione compositiva, che conta ben 138 opere, le nove sinfonie sono considerate le più evocative, specialmente la sesta dove, in testa alla partitura, l’artista annota: «Più espressione di sensazioni che pittura».

Geniale figlio dell’Illuminismo, cultore di Jean-Jacques Rousseau e di una natura sentita istintivamente come madre dell’umanità, autentica fonte di conoscenza, luogo incontaminato e armonico, dove trova pace ogni agitazione dell’anima, egli s’apparta dal mondo per ritrovare sè stesso. Il suo universo naturalistico s’arricchisce attraverso un’insaziabile lettura del pensiero filosofico di Kant, pervadendolo di misticismo, dall’idea di una natura, fonte di conoscenza, di verità e di ogni legge morale. Una natura, tutta beethoveniana, a immagine di Dio, che celebra in musica la grandiosa bellezza.

La Sesta Sinfonia di Ludwig van Beethoven, op. 68 in Fa maggiore, nota come Pastorale, dedicata al principe Franz Joseph Lobkowitz e al conte Andreas Rasumovsky, viene composta tra il 1807 e il 1808, quasi in simultaneità con la Quinta, iniziata nel 1805 e conclusa nello stesso anno della Sesta. La conflittuale drammaticità della prima in ordine cronologico cede, nella seconda, il passo ad un sentimento di fiduciosa serenità. Entrambe rispecchiano la personalità dell’artista, in tutta la sua ricchezza e complessità. L’evidente antitesi tra le due sinfonie mostra le due anime del compositore tedesco, eternamente in conflitto: l’una, titanica e battagliera, l’altra, pensosa e solitaria.

La natura percepita, dall’anima complessa e tumultuosa dell’artista, nella sua capacità di suscitare sentimenti benevoli e sereni, diviene protagonista indiscussa dell’intera opera. Una sinfonia tanto originale, quanto innovativa, strutturata in cinque movimenti, rispetto ai quattro propri del periodo classico. A ognuno di essi viene assegnato un titolo: Piacevoli sentimenti che si destano nell’uomo all’arrivo in campagna; Scena al ruscello; Gioiosa riunione di contadini; Tempesta; Sentimenti di gioia e ringraziamento alla Divinità dopo la tempesta.

L’Allegro ma non troppo del primo movimento si apre con un tema dolce, intonato dai violini, di provenienza popolare, senza contrasti con il secondo tema, dissolvendo la regola beethoveniana del contrasto tematico.  Un’atmosfera beata e rigeneratrice, data dal contatto con la natura, pervade l’intero movimento in una prodigiosa unità di tono, pur tra il brulichio di molteplici idee sonore.

Nel secondo movimento, Andante molto mosso in Si bemolle maggiore, una scena bucolica tra un fremito d’archi e una breve melodia intonata dai violini evoca il sussurro delle acque del vicino ruscello e del fogliame mosso dal vento. Mentre il flauto, l’oboe e il clarinetto imitano il cinguettio degli uccelli in un’avvolgente estasi.

L’Allegro del terzo movimento in Fa maggiore, nella forma di uno scherzo, introduce una festosa riunione di contadini, tra una successione di danze con suoni di pifferi e cornamusa, appoggiati su uno staccato di archi.

Il penultimo movimento, Allegro in Fa minore, si collega allo scherzo precedente intensificandolo con imperante realismo. Le gocce di pioggia, tra tuoni, venti e fulmini, si trasformano in una progressiva e impetuosa tempesta, attraverso archi, timpani, trombe, tromboni e bassi, fra un calare e scendere sonoro fino ad un innalzamento conclusivo, per poi tornare alla calma.

Nel quinto e ultimo movimento, Allegretto in Fa maggiore, a introdurre la suggestiva scena è la zampogna, l’ingresso del tema viene affidato al clarinetto. Un arpeggio dei violini prelude a uno sviluppo tematico denso di poesia, dove i moti impetuosi della natura s’acquietano in un canto pastorale di ringraziamento, perchè dopo la tempesta risplende nuovamente la luce del sole.

La Pastorale racconta la storia di un artista, nato in questo mese di dicembre di 253 anni fa, che con la sua musica continua ad affascinare esecutori, ascoltatori e influenzare artisti di svariati generi musicali. Su questa splendida sinfonia, Walt Disney sceglie di realizzare il suo gioioso olimpo, nel suo capolavoro Fantasia, primo film stereofonico della storia: dove gli dei greci e le creature mitologiche continuano a vivere in tutta la loro poesia.

 

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