di Smeralda Nunnari
«Non si può andare avanti così. O i compositori devono andare indietro, o tutti gli altri devono camminare avanti.»
(Giuseppe Verdi, 1869 pensando a un rinnovamento radicale dell’opera lirica.)
Venerdì 16 Giugno 2023, Il Festival lirico dell’arena scaligera ha celebrato in mondovisione, la sua centesima edizione, con l’Aida di Giuseppe Verdi su libretto di Antonio Ghislanzoni, basata sull’originario soggetto dell’archeologo francese Auguste Mariette, primo direttore del Museo Egizio del Cairo, nella nuova produzione del regista trentino Stefano Poda.
Un evento straordinario, promosso da Rai Cultura, Rai 1, la Fondazione Arena di Verona e Arena di Verona. A condurre l’eccezionale serata Milly Carlucci con la partecipazione di Alberto Angela e Luca Zingaretti, che hanno raccontato la rappresentazione culturale ai telespettatori prima dell’inizio e tra gli intervalli attraverso aneddoti e curiosità. L’ouverture è stata interamente dedicata alla Pattuglia Acrobatica Nazionale, che con frecce tricolori ha solcato il cielo dell’Arena, mentre un coro in tuniche color verde, bianco e rosso ha intonato l’Inno di Mameli.
Un’ambientazione spettacolare ha aperto il suo sontuoso sipario tecnologico all’opera in quattro atti, tra fasci di luce, riflessi su una gigantesca mano meccanica di metallo in grado di articolare le falangi con molteplici allusioni, attorniata da tante mani più piccole inserite su numerosissime lance. Allegoria del potere che eleva, salva, ama, soffre e di quello che esalta, distrugge, uccide e annienta conducendo alle stelle o agli inferi. Tra rovine di colonne greche, raffigurazioni di astronavi, piramidi virtuali e trasparenti, la famosa marcia trionfale diviene un balletto, dove i prigionieri etiopi emergono con movenze da zombie. Un pavimento di cristallo consente alle masse sceniche di apparire come per magia e scomparire inghiottite dal suolo.
Una trama avvincente che racconta un amore travolgente e impossibile: durante la guerra tra Egitto e Etiopia, Aida, figlia del re etiope, viene fatta schiava. Nessuno conosce la sua vera identità. La giovane s’innamora di Radamès, capitano delle guardie egiziane e promesso sposo di Amneris, figlia del faraone e futuro erede al trono. La tensione tra i personaggi s’intensifica quando, successivamente, viene fatto prigioniero Amonasro, padre di Aida, che riesce a convincere la figlia a farsi rivelare da Radamès quale sarà il percorso delle truppe egiziane. Amonasro e Aida riescono infine a fuggire. Scoperta la loro identità, Radamès comprende di essere caduto involontariamente nella trappola, disperato si costituisce come traditore della patria al sommo sacerdote Ramfis. Nonostante le suppliche di Amneris rivolte al padre e ai sacerdoti per salvarlo, viene condannato a essere sepolto vivo. Radamès crede di essere solo nella sua cripta, ma si accorge che Aida si è nascosta lì, per poter morire insieme a lui. Entrambi confermano, così, il loro amore reciproco accettando insieme il loro triste destino.
Marco Armiliato ha diretto l’orchestra, il coro dell’Arena di Verona e un cast di eccezionali cantanti: Anna Netrebko e Yusif Eyvazov, nei rispettivi ruoli di Aida e Radamès, Simon Lim, nell’interpretazione del re, Olesya Petrova nei panni di Amneris, Roman Burdenko nella parte di Amonasro e Michele Pertusi come Ramfis.
Madrina d’eccezione della serata è stata Sophia Loren, che settant’anni fa aveva vestito i costumi di Aida, nell’adattamento cinematografico dell’opera con la regia di Clemente Fracassi. Presenti in platea, tra gli esponenti politici, i presidenti delle camere: Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana e i cinque ministri: Luca Ciriani, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Adolfo Urso, Maria Elvira Calderone, Gennaro Sangiuliano. Numerosi gli ambasciatori e volti noti dello spettacolo, come Matt Dillon, Giorgio Pasotti, Alessandro Baricco, Gloria Campaner, Nicoletta Mantovani, Iva Zanicchi, Amadeus, ecc… E, dulcis in fundo, Beatrice Venezi, consigliere per la musica del ministero della Cultura.
Tra enigmatiche simbologie evocative, Stefano Poda, regista, scenografo, costumista, coreografo e light designer è riuscito a far decollare l’immaginazione di ogni ascoltatore coinvolgendolo nella ricerca della giusta interpretazione. Nel preannunciare questo suggestivo viaggio musicale egli precisa: «Il palcoscenico sarà un piccolo universo carico di mille esperienze, sarà tecnologico, dinamico, cangiante, sorprendente… ma allo stesso tempo l’ambizione è quella di sviluppare un viaggio riconoscibile, familiare, a misura d’uomo: un viaggio dantesco, da un mondo in conflitto a una storia intimista. Conciliare questi due lati, grandiosità e intimità, è la sfida nell’affrontare un titolo come Aida».
La weltanschauung di Poda nel rispetto del glorioso passato è riuscita a donarci un’Aida fortemente innovativa superando le sue stesse aspettative.
Sicuramente, lo stesso Giuseppe Verdi che in una lettera a Giovanni Bottesini, datata 13 gennaio 1872, scrive: «Prima di tutto ti ringrazio dello zelo grandissimo da te dimostrato per l’esecuzione d’Aida, e mi rallegro teco del talento nell’interpretare la medesima» se potesse si rallegrerebbe nuovamente, riaffermando, oggi, le medesime parole a Stefano Poda.
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