(di Stefania Bernacchia) TGmusic.it oggi racconta un aspetto del tutto nuovo di quello che generalmenete intendiamo per suono. Lo spiega grazie alla ricerca di un giovane artista italiano, Roberto Pugliese, ad oggi il massimo esponente italiano di quella che viene definita SOUND ART. La ricerca di Pugliese trae energia principalmente da due correnti artistiche, quella della sound art e quella dell’arte cinetica e programmata. Il suono per l’artista diviene sia oggetto di ricerca, sia mezzo di espressione acustica e visiva, guida per analizzare e stimolare la psiche e la percezione umana. L’idea di creare un rapporto attivo tra opera e fruitore, lo spinge a dare vita anche dimensioni nelle quali è il suono a muoversi, realizzando diverse prospettive sonore per l’ascoltatore, che viene immerso totalmente in mondi percettivi che lo accompagnano nell’esperienza sensoriale.
Buongiorno Roberto, vuoi raccontarci chi sei e cosa ti lega al mondo dell’arte e della musica?
Nasco a Napoli nel 1982, dove mi formo. Conseguita la laurea in Musica Elettronica presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli sotto la guida del M° Agostino di Scipio, divido il mio tempo tra l´insegnamento, l’attività musicale e la produzione di installazioni sonore.
Uno strano incrocio tra un musicista ed un artista visivo.
“Critici ostinati ritmici”, courtesy Studio la città, PH@ Donatella Lombardo
Hai una Laurea in Musica Elettronica. Sei partito dunque da ‘musicista’, come ti sei avvicinato all’arte? E come hai capito di far parte della Sound Art (o meglio: ti interessava la sound art e quindi hai iniziato a ‘praticarla’ oppure al contrario hai capito di farne parte dopo aver elaborato le tue opere ?)
Mi sono avvicinato all’arte in due momenti molto distanti tra loro. Il primo è stato a 12 anni quando, in visita al Centre G.Pompidou di Parigi, sono rimasto affascinato ed incuriosito da un’opera di Iannis Kounellis. Il secondo, quando da studente ed attivista politico del Conservatorio di Napoli, in collaborazione con alcuni colleghi dell’Accademia di Belle Arti, abbiamo organizzato delle azioni di protesta. In quel clima di condivisione sono nate le prime sperimentazioni realizzate in collaborazione con artisti visivi, poi in seguito ho deciso di proseguire in maniera autonoma. Avendo studiato Musica Elettronica in Conservatorio ed avendo avuto un docente (M° Agostino Di Scipio) che oltre ad essere un compositore si occupava anche di installazioni sonore, ero già entrato in contatto con il mondo della Sound Art. Credo che qualsiasi termine e classificazione sia riduttiva per descrivere il lavoro di un artista, ma non posso negare che il suono sia una componente fondamentale della mia ricerca artistica.
Come nasce il rapporto fra arte e musica? Ovvero tra aspetto visivo e aspetto sonoro?
Inizialmente, come accennavo prima, ho realizzato alcune collaborazioni con altri artisti che consistevano in sonorizzazioni per video d’arte. Successivamente ho iniziato ad interagire anche con lo spazio, cercando un equilibrio tra l’aspetto tecnologico, quello visivo e quello sonoro. Tre fattori fondamentali ed imprescindibili della mia ricerca. Le mie installazioni sono spesso frutto di un’audio/visione, visione oserei dire, ovvero spesso quando l’ispirazione arriva non è solo visiva ma allo stesso tempo anche sonora.
Per le tue opere trai spunto sia dalla sound art che dall’arte cinetica e programmata. In che senso?
Nel senso che gli artisti appartenenti a queste classificazioni sono quelli di cui ho subito maggiormente il fascino e che utilizzano dei modi operandi che sento più vicino ai miei.
Tratti con molto interesse il tema dell’ambiente e questo ti fa onore. Da dove nasce questa volontà?
Sono etologo per passione e da sempre cerco un dialogo con quell’enorme e misteriosa energia che è il sistema terra, un equilibrio che un giorno era perfetto e che ora credo vada preservato e tutelato.
La natura, intelligenza superiore e mistica, generatrice della vita, è costantemente mortificata da una delle sue creazioni, l’essere umano che, come un tumore, aggredisce il suo stesso organismo. Così come la natura permette all’uomo di sfruttarla, allo stesso tempo ha fatto in modo che l’uomo, evolvendosi, si dotasse di una coscienza e di una sensibilità, armi delle quali la natura si serve per autodifendersi. A volte la sensibilità umana si traduce in estro e sfocia nella produzione da sempre considerata più alta e nobile, l’arte, la quale ha il dovere ed il potere di essere testimone della società, un mezzo di comunicazione altro attraverso il quale possa svilupparsi una coscienza comune.
Spesso nelle tue opere si avverte un dualismo (aspetto visivo/sonoro in Architetture sonore; passato/presente in Violini). Questo per portare lo spettatore a differenziare fra suoni naturali e suoni artificiali. Qual è la tua concezione dei primi e quale dei secondi?
Ho portato avanti per diversi anni una ricerca psicoacustica ( la psicoacustica è la scienza che studia le differenze tra dati acustici e dati percettivi, ovvero come il nostro cervello reagisce a diverse tipologie di suoni ) sulla differenza tra suoni naturali e suoni sintetici, ovvero sulle caratteristiche acustiche che permettono al nostro cervello di cogliere questa differenziazione. I suoni naturali sono suoni legati ad eventi ambientali come la pioggia, i fulmini, il vento etc etc oppure animali, mentre i suoni artificiali sono tutti quelli legati allo sviluppo dell’attività antropica come quelli dell’industria o i suoni realizzati elettronicamente.
“Unità minime di sensibilità”, courtesy Studio la città, PH@ Michele Alberto Sereni
La mia ricerca avviene sul suono, sulle sue strutture sia timbriche che ritmiche, sulla sua morfologia e sui suoi effetti psicoacustici. Per alcuni miei lavori come nel caso di Equilibrium il suono è il mezzo indispensabile per attivare delle strutture cibernetiche, in altri il suono è prodotto da apparecchiature cinetiche come nel caso di Critici ostinati ritmici. Quindi il suono è oggetto di ricerca ma anche mezzo espressivo attraverso il quale le mie opere prendono vita e dialogano con il mondo esterno.
Il suono per te non è statico poiché cambia a seconda della prospettiva. Che ruolo gli attribuisci nella percezione di un oggetto?
Il suono degli oggetti varia in base ai materiali con il quale sono realizzati e alle loro caratteristiche fisiche. Inoltre ogni materiale propaga il suono in maniera diversa. Nelle mie opere mi sono trovato a lavorare con materiali molto diversi tra loro come il legno, la plastica, il vetro, la ceramica, liquidi di diversa natura e ognuno di questi materiali ha delle morfologie diverse che possono evidenziare o nascondere delle caratteristiche sonore. Per ogni progetto studio la relazione tra suono e materiale, in modo da ottenere il risultato psicoacustico più efficace. All’interno dei miei lavori inoltre sono spesso presenti numerosi canali audio, per esempio nell’installazione Emergenze Acustiche ho utilizzato 48 canali audio differenti. L’installazione è composta da 80 tubi in plexiglass sospesi di diverse misure e diametri nei quali sono stati inseriti altrettanti speaker che ricoprono una superfice di 300mq. In questo lavoro il suono, spostandosi da un altoparlante all’altro, crea dei percorsi acustici nello spazio che restituiscono una percezione psicoacustica di estremo movimento e vitalità rendendo l’esperienza del fruitore ancora più suggestiva ed immersiva.
“Echi liquidi”, collezione privata
Quali sono state ad oggi le tue esposizioni più significative?
In questi anni ho avuto la fortuna di esporre nella mostra “Data Deluge” a Marfa nel deserto del Texas, di realizzare tre mostre personali presso la galleria Studio La Città di Verona, di prendere parte alla magnifica mostra “Sound Art. Sound as a Medium of Art” sulla Sound Art organizzata nel Museo ZKM di Karlsruhe in Germania, ho partecipato alla Biennale di Venezia con la mostra “Noise”, tra le tante.
I progetti futuri di Roberto Pugliese?
Per fortuna tanti, tra questi due mostre in due Musei tedeschi a Stadgalerie Kiel, e Chemnitz in due mostre collettive ed una mostra personale presso Villa Delle Rose la sede esterna del Museo Mambo di Bologna.
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