di Salvatore Sclafani
L’Espressionismo è una corrente artistica che si sviluppa fra il 1905 e il 1925 nel Nord Europa, prevalentemente in Germania. Essa concerne diverse discipline: la pittura, la letteratura, il teatro, il cinema, l’architettura, e la musica.
Il termine Espressionismo è usato per la prima volta nel 1911 dalla rivista berlinese Der Sturm, fondata da Herwarth Walden, artista eclettico e dal molteplice ingegno, e pubblicata dal 1910 al 1932. Tra i numerosi artisti e intellettuali, ad essa collaborano il pittore Oskar Kokoschka, lo scrittore Anatole France e l’architetto Adolf Loos. Sullo sfondo, le vicende dell’Europa a vocazione fortemente capitalista degli albori del XX secolo, segnata da profondi cambiamenti nei modi di produzione industriale, con il conseguente spostamento di masse di lavoratori dalla campagna alla città. Malgrado il clima ottimistico suscitato dal progresso economico e dalla diffusione di un relativo benessere, la prima metà del Novecento è spesso considerata dalla storiografia come il periodo della crisi delle certezze, dei valori e dell’integrità dell’individuo, che vive un’esistenza alienata, in un’angosciosa condizione di estraneità dalla società e da se stesso. I rivoluzionari studi sull’inconscio che inaugurano il secolo (L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud è pubblicata proprio nel 1900), le nuove strutture statali, le loro ripercussioni sulle strutture sociali, e il presentimento di una nuova guerra incombente, alimentato dalla corsa agli armamenti delle potenze europee, fanno precipitare l’essere umano in un tragico senso di incertezza. Gli intellettuali del tempo percepiscono un rifiuto da parte della realtà, divenuta spiritualmente e moralmente vuota, e affrontano i temi del degrado della società contemporanea: oppressione, sfruttamento, dolore, miseria, ingiustizia.
Attraverso il loro drammatico grido di denuncia (emblematico in questo senso il dipinto L’urlo di Munch, precursore del movimento), gli artisti espressionisti manifestano il loro “male di vivere”. La dissoluzione della forma da essi perseguita è metafora del disorientamento causato dalla crisi morale ed esistenziale del primo Novecento. In ambito pittorico, tale disagio viene espresso con il forte contrasto cromatico, la linea spezzata, la violenta incisività del segno, e il ricorso a nuovi linguaggi spesso recuperati da forme primitive di espressione. La raffigurazione del reale e della figura umana risulta così deformata, brutalizzata, scomposta. La crisi che sconvolge l’arte del periodo, strettamente correlata al dramma sociale che essa esprime, costituisce il punto di incontro degli artisti legati al gruppo espressionista per eccellenza, Die Brücke (in italiano, Il Ponte), fondato a Dresda nel 1905 dai pittori Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff, cui si affiancano successivamente Emil Nolde, Max Pechstein, Cuno Amiet, e Otto Müller. Parallelamente, la ricerca di nuovi linguaggi capaci di esprimere l’inquietudine esistenziale che contraddistingue l’arte figurativa, prevalentemente di area tedesca, investe il campo musicale: il principio espressionista di dissoluzione della forma implica processi analoghi anche nelle forme musicali del periodo.
I tratti ruvidi e primitivi della pittura si traducono in musica nell’emancipazione della dissonanza e nel progressivo allontanamento dalle norme dell’armonia tonale, che per secoli avevano costituito la base certa e incontestabile della composizione musicale. Già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, e in special modo con Richard Wagner, si assiste a un graduale abbandono del valore centrale della tonalità tramite il cromatismo e la modulazione continua. Tali procedimenti compositivi comportano un costante avvicendamento di tonalità diverse, che limita la percezione di un senso tonale originario. Con l’Espressionismo si realizza il distacco totale dall’armonia tradizionale: a partire dal 1923, il compositore austriaco Arnold Schönberg sviluppa la tecnica di composizione dodecafonica, o più precisamente il “Metodo di composizione con dodici note che sono in relazione soltanto l’una con l’altra”. Se i Fünf Klavierstücke, op. 23 vedono un’applicazione parziale di tale metodo, la Suite für Klavier, op. 25 costituisce la prima opera a presentarlo sistematicamente in ogni movimento. Non è più la nota fondamentale a determinare l’unità tonale, al contrario, ogni suono della scala cromatica possiede in sé un valore assoluto e identico agli altri undici. In assenza dell’egemonia del tono e del valore dialettico del semitono, la gerarchia del sistema tonale appare dunque frantumata.
La dissoluzione della forma musicale investe anche gli ambiti della produzione sonora e del timbro: interpretando il concetto espressionista di Urschrei, il grido originario e primitivo dell’uomo che denuncia il senso di alienazione provocato dalla società moderna, Schönberg ricorre, in particolare nel Pierrot Lunaire, alla tecnica dello Sprechgesang, ossia il “canto parlato” per mezzo del quale la voce non è unicamente sfruttata nelle sue possibilità liriche, ma anche nella sua capacità di aderire con versatilità al timbro degli strumenti. E proprio il timbro costituirà uno fra i principali oggetti di sperimentazione della rivoluzione formale condotta da Schönberg: la Klangfarbenmelodie, la “melodia di timbri“, è infatti un elemento ricorrente nella produzione del compositore. Essa consiste nella costruzione della melodia a partire dall’esecuzione progressiva dello stesso suono da parte di strumenti di timbro diverso. Lo stesso oggetto musicale è illuminato attraverso luci, prospettive e colori molteplici.
La ricerca formale di Schönberg produce a sua volta una vasta eco in campo pittorico. Decisivo in questo senso sarà il rapporto del compositore con Vasilij Kandiskij e il celebre gruppo Der Blaue Reiter (in italiano, Il Cavaliere Azzurro), fondato dal pittore a Monaco di Baviera nel 1911. Der Blaue Reiter rappresenta un fenomeno di vasta portata. In posizione nettamente antiaccademica, Kandinskij e gli altri membri del gruppo orientano la loro ricerca verso la creazione di spazi immaginari e astratti, in cui l’uso del colore acquisisce un nuovo ruolo formale e strutturale. In questo cambio di prospettiva, l’impatto esercitato dalla musica è determinante.
La riflessione sulla problematica della forma, animata da Kandiskij, trova uno dei suoi motivi ispiratori nel linguaggio di avanguardia del compositore austriaco: spettatore a un suo concerto nel 1911, Kandiskij sarà colto da una reazione entusiastica che sfocerà nella realizzazione della celebre opera Impressione III: Concerto, emblematica dell’evoluzione dell’artista verso l’astrazione.
Con Schönberg, l’affermarsi di nuove forme di espressione e la nascita di un linguaggio compositivo capace di costituire un’alternativa alla tonalità, o addirittura di sostituirsi a essa, incarnano in ambito musicale la profonda rottura con la società e i suoi modelli, specifica dell’Espressionismo. Il carattere estremamente anti-accademico della musica di Schönberg sarà in seguito alla base del suo ruolo di grande oppositore del regime nazista, che condannerà l’Espressionismo in tutte le sue forme considerandolo “arte degenerata”.
No comments