di Stefano Teani
“La luna sogna con più abbandono, stasera” scrive Baudelaire all’inizio della sua Tristesses de la lune. In questa intrigante terza serata del 66º Festival Puccini di Torre del Lago, la luna non si è mostrata ma la sua voce ha sicuramente fatto sognare con particolare abbandono il pubblico, che ha scoperto curiosità e “corrispondenze” (per dirla ancora alla Baudelaire) del tutto inaspettate.
Un appassionato Stefano Massini ha saputo traghettare la sala (ancora una volta gremita) in un viaggio alla scoperta di quell’universo fatto di piccoli avvenimenti quotidiani, scelte e rapporti personali che hanno portato alla composizione delle tre opere in cartellone: Tosca, Gianni Schicchi e Madama Butterfly. Un percorso atipico, capace di tenere le persone incollate alla sedia per ben tre ore senza alcuna pausa.
Il racconto di Massini è stato inframezzato da inserti musicali, celebri arie tratte dalle opere in questione interpretate dai solisti Katerina Kotsou (soprano), Ragaa El Din (tenore), Raffaele Raffio (baritono) e special guest il baritono Devid Cecconi. Ognuno di loro ha dimostrato sicurezza nei vari registri e un bel timbro vocale, riuscendo sempre a strappare applausi appassionati. L’orchestra, diretta da Alberto Veronesi, è riuscita ad assicurare un risultato nel complesso accettabile nonostante abbia dovuto lottare contro alcuni impedimenti piuttosto rilevanti. L’assenza di adeguati praticabili e rialzi ha fatto sì che spesso gli archi venissero sovrastati dalla potenza degli ottoni. Peccato, inoltre, per la mancanza di una direzione efficace; se in alcuni momenti l’orchestra si è trovata in difficoltà, con imprecisioni di tempo e senza un’idea interpretativa forte, la causa è da rintracciare nella direzione muscolare e ricca di orpelli manieristici che, invece di agevolare l’operato dei musicisti, li ha costretti a fare affidamento sulle proprie forze.
Davvero coinvolgente, invece, il percorso ideato da Massini (rigorosamente improvvisato, senza copione né leggio) che, oltre a dare informazioni storiche e aneddotiche molto puntuali e interessanti, ha lasciato intravedere tematiche più profonde e attuali capaci di far riflettere sul nostro tempo. Procedendo in ordine, nella prima parte ha imperniato il discorso su storie di sfortuna momentanea che poi si sono rivelate essere fonte di grande fortuna: da un racconto cinese fino alla vicenda di Victorien Sardou, introducendo così Tosca. Ha poi trattato di alcuni aspetti di vita quotidiana dei coetanei Puccini, Mascagni, Leoncavallo e Toscanini, spiegando da dove è nata l’esigenza di comporre un atto unico quale Gianni Schicchi e soffermandosi sull’importanza della finzione (scenica, artistica) per l’essere umano. Infine il lungo excursus riguardante il Giappone, le ragioni di questo “esotismo” che ha portato alla composizione di Madama Butterfly, il concetto di chiusura verso il mondo esterno, la paura del diverso e la convinzione che esistano civiltà e culture “forti” capaci di sottomettere quelle più “deboli” (come la triste vicenda della regina Elena del Montenegro a cui Puccini, guarda caso, ha dedicato l’opera).
Una serata così ben concepita non poteva che concludersi con un piccolo colpo di genio. Dato che Puccini non è mai riuscito a realizzare il suo intento di trarre un’opera dalla Florentine Tragedy di Oscar Wilde, Massini stesso ha deciso di creare un piccolo melologo a posteriori leggendo una favola dello scrittore irlandese sul brano per soli archi del compositore toscano, il celebre Crisantemi. Ne è scaturito un momento di grande commozione, a degna conclusione di una serata talmente riuscita da far pensare che il festival di quest’anno resterà nella memoria come uno dei più densi ed emozionanti.
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