di Ruben Marzà
Mar del Plata, Argentina, 1921.
La città affacciata sul mare d’argento, destinazione di migranti italiani e spagnoli, non è ancora la popolare meta turistica della seconda metà del secolo; sulle sponde atlantiche, proprio in una famiglia di origini italiane nasceva allora Astor Piazzolla, musicista tra i più significativi del Novecento, capace di lasciare un’impronta indelebile su quell’espressione culturale tipicamente argentina, oggi patrimonio immateriale dell’umanità, che è il tango.
Quando, al giorno d’oggi, si tende a identificare quest’ultimo proprio con la musica di Piazzolla, si rischia di dimenticare che la sua fu un’operazione coraggiosa e osteggiata da molti – i puristi del genere arrivarono a definirlo “l’assassino del tango”. Si trattava infatti di rendere il tango non più e non solo una musica da ballare, ma anche e soprattutto da ascoltare; di elevare il mero accompagnamento a forma musicale autonoma, dialogando con generi musicali apparentemente lontanissimi, come il jazz o la canzone d’autore.
100 anni dopo, tanto grande è stato il successo e l’influenza della musica di Piazzolla da dubitare che sia ancora possibile aggiungere qualcosa al già detto – o al già suonato: le sue composizioni sono diventate un patrimonio musicale, sono state arrangiate per ogni tipo di formazione, hanno riempito i teatri e le sale da concerto. Eppure, la grandezza di un’opera risiede forse anche nella capacità di sopravvivere a ognuna delle sue manifestazioni, nel suo concedersi ogni volta con rinnovata profondità a ogni sguardo che la sappia indagare con curiosità e intraprendenza.
Con questo Romance del Diablo, uscito per l’etichetta britannica Chandos, Marco Albonetti – saxofonista italiano con alle spalle una notevole carriera internazionale, in questo caso anche arrangiatore di quasi tutti i brani del disco – rende un personale omaggio ai cento anni del grande compositore argentino e della sua musica. Non si tratta del primo incontro tra i due: strumentista ugualmente impegnato sul versante classico e contemporaneo come in quello della musica popolare e tradizionale, Albonetti ha infatti collaborato a lungo con Milva, interpretando proprio le canzoni di Piazzolla. In questa occasione, ad accompagnarlo c’è invece tutto lo spessore e il dinamismo di un’orchestra, l’Orchestra Filarmonica Italiana.
Fil rouge della scaletta sono le Cuatro Estaciones Porteñas, le quattro stagioni di Buenos Aires: ciascuna dotata di un proprio sviluppo interno, di un susseguirsi di atmosfere e di toni contrastanti, i quattro brani restituiscono vedute suggestive di una città complessa e multiforme, sempre in bilico tra slancio lirico e ruvida fisicità. Incastonati tra una stagione e l’altra troviamo invece alcuni tra i brani più celebri di Piazzolla, dai tanti volti dell’intensa Oblivion fino all’immortale Libertango, passando per Romance del Diablo – a dispetto del nome, forse il momento liricamente più intenso del disco. Protagonista e voce narrante è il sax soprano di Albonetti, strumento capace di grande duttilità nel dialogare con l’orchestra e restituire i chiaroscuri di una tavolozza musicale di notevole ricchezza; unica eccezione, Años de Soledad (frutto della collaborazione tra Piazzolla e Gerry Mulligan), dove al timbro suadente e leggero del sax soprano si sostituisce quello ruvido e caldo del sax baritono.
Un disco elegante e suonato con intensità e maestria, capace di ottenere ottimi riscontri di pubblico e critica e di ricevere giudizi lusinghieri anche dallo stesso editore di Astor Piazzolla; omaggio meritato a uno dei protagonisti della cultura del Novecento, la cui opera riesce ancora a trovare vie sempre nuove per toccare la nostra sensibilità.
Tracklist:
1 – 4 Estaciones Porteñas: No. 4, Otoño
2 – Romance del Diablo
3 – 4 Estaciones Porteñas: No.2, Invierno
4 – Improvisation to “Oblivion”
5 – Oblivion (arr. P. Ziegler)
6 – 4 Estaciones Porteñas: No. 3, Primavera
7 – Años de Soledad
8 – 4 Estaciones Porteñas : No. 1, Verano
9 – Libertango
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