di Stefano Teani
Particolarmente legato al repertorio violinistico italiano del XIX, XX e XXI secolo, la discografia di Marco Rogliano comprende numerose prime registrazioni mondiali di compositori come Paganini, Rolla, Respighi, Zanella e Sciarrino. Con l’incisione in prima assoluta come solista di due composizioni di S. Sciarrino: Stagioni artificiali per Stradivarius e Allegoria della Notte per Kairos, ottiene il prestigioso Diapason d’Or, quale straordinario riconoscimento della sua caratura artistica. È proprio del suo ultimo disco che abbiamo avuto modo di parlare all’interno di Cremona Musica 2021, ascoltando alcuni estratti nel concerto di presentazione.
Marco Rogliano, eclettico violinista esibitosi nelle sale più importanti del mondo, fra cui la Carnegie Hall di New York, la Grosser Saal della Philharmonie di Berlino, la Herkulessaal di Monaco e la Ciajkovskij Hall di Mosca, ci parla del suo ultimo disco uscito per Dynamic a maggio 2021. Già titolare nei Conservatori di Rovigo e Fermo è oggi docente di Musica da Camera al Conservatorio G. Nicolini di Piacenza. Ha tenuto Masterclass in numerosi Conservatori italiani, al Mozarteum di Salisburgo e presso la Steinway Academy di Verona. La rivista Gramophone Magazine, nell’ottobre 2021, ha scritto di lui: «Rogliano, a pupil of Accardo and Ricci, produces a gorgeous and generous tone on a 1790 Bergonzi with an 1830 bow by François Lupot».
Come nasce il progetto di questo disco?
Nasce da uno stimolo ricevuto dal carissimo collega Italo Vescovo, che è il curatore delle edizioni critiche paganiniane. Lui mi ha sempre reso partecipe delle sue scoperte, si trattasse di pagine sconosciute o di piccoli brani già noti. Per questa ragione ho inserito dei pezzi come Alla spagnola, che dura circa 30 secondi, riportato all’angolo di un foglio; è sempre stato considerato una semplice annotazione ma si tratta di una vera e propria micro-composizione.
Ci parli un po’ di questi brani, alcuni sono piuttosto rari, giusto?
Esattamente, come accade spesso noi conosciamo solo una parte della produzione di un autore così importante. Esiste molta altra musica di Paganini che secondo me merita di essere proposta al pubblico, penso ai 5 Valzer o anche ai 2 duetti in forma di canone, che sono degli esercizi ma secondo me lasciano trasparire una luce particolare, come è normale quando si ha a che fare con i grandi compositori.
Ecco, ha toccato un tasto interessante. In questo CD infatti si trovano anche brani con 2 violini.
Sì, per quanto riguarda Paganini si tratta dei 2 duetti in forma di canone, poi c’è anche un brano di Ferdinando Giorgetti, un carissimo amico di Rossini molto attivo e conosciuto nella Firenze dell’epoca. Ho voluto avvalermi delle capacità tecniche del mio fonico di fiducia per sovra-registrare me stesso, eseguendo separatamente le due parti violinistiche. Si tratta di brani in cui anche il secondo violino è concertante, quindi non si limita a un semplice accompagnamento ma ha una funzione principale; sicuramente questo espediente tecnico ha aiutato a conferire una maggiore varietà al disco.
Non solo Paganini, quindi. Chi sono gli altri autori che ci propone?
Si tratta di nomi che ogni tanto compaiono negli scambi epistolari di Paganini ma di cui sappiamo poco, soprattutto riguardo alla loro musica. Questo per me è stato molto interessante, perché erano artisti di grandissima importanza all’epoca e non ne è rimasta quasi più traccia. Ho cominciato quindi a fare ricerca, scavando nelle pieghe della vita del Paganini “uomo”, imbattendomi fortunatamente in brani inediti che trovo di grande pregio. Ho scoperto in maniera del tutto casuale, per esempio, 3 variazioni sulla celebre canzone popolare napoletana Io te voglio bene assaje, di Onorio de Vito, micro composizione che anticipa le prime variazioni per violino solo della storia, che comporrà lui stesso successivamente. Per quanto riguarda Bernardo Ferrara e Carlo Bignami, mi sono chiesto perché Paganini avesse insistito tanto per avere proprio loro due come primi violini dell’orchestra da lui formata a Parma, arrivando addirittura a imporli. Ho quindi fatto un po’ di ricerca e ho scoperto che, nel catalogo di Ferrara, esistono 6 preludi; sono pagine a mio avviso molto interessanti, composte nella seconda metà dell’Ottocento, proprio quando Verdi era al massimo della sua espressione. Su Bignami avremmo tanto da dire, era praticamente il pupillo di Paganini, nell’ultimo periodo questi si faceva addirittura aiutare da lui per le lezioni che doveva tenere; infine, basti pensare che il celebre autore dei 24 Capricci arrivò a definire Bignami “primo violinista d’Italia”! Anche di Ferdinando Giorgetti potremmo parlare a lungo: compositore molto prolifico e punto di riferimento della vita musicale fiorentina, grande amico di Listz e didatta di rilievo, i suoi studi (a dispetto del nome) sono in realtà ottimi brani da concerto, oltre a essere validissimi come preparazione per i celebri capricci paganiniani. Infine Giuseppe Austri sarà dedicatario di uno degli stessi Capricci, uno dei più tecnici. Anche nel suo caso ho scoperto dei collegamenti interessanti fra i due, è un violinista che verrà spesso paragonato al Maestro genovese, anche per la loro concezione affine del violinismo in generale.
Perché nel titolo allude al “genio italiano”? È semplicemente dettato dalla provenienza degli autori coinvolti?
Non solo per quello, il mio intento era quello di sfruttare la visibilità di cui gode Paganini per illuminare altri colleghi che lui stimava e che hanno rivestito un ruolo nella sua vita. Si parla
sempre dei virtuosi di altri paesi, quando invece “il genio italiano” si è espresso in molti personaggi diversi. Tutti loro hanno colto la cifra fondamentale dell’essere italiano che è quella della cantabilità, della solarità; nessuno di questi brani è mai concepito unicamente come mero studio, vi si percepisce sempre un forte senso teatrale e lirico. Ho voluto mettere in luce proprio questo aspetto del genio italiano, queste caratteristiche ricorrenti ma sempre originali in autori che attraversano l’intera penisola. Infine, un aspetto che non si mette mai abbastanza in evidenza è l’importanza storica che questi autori “minori” hanno rivestito, costruendo la didattica moderna. Basti pensare a Onorio de Vito che per primo ha fatto una propria revisione dei 24 Capricci di Rode, inserendolo nel programma di studio. Prendiamo Giorgetti, è stato il primo a dire che bisogna studiare autori come Mozart e Beethoven in ambito di musica da camera. Oggi tendiamo a pensare che chi viene dopo un grande autore lo debba necessariamente studiare, in realtà fino a che qualcuno non lo inserisce nelle programmazioni scolastiche resta al di fuori dell’esperienza formativa dei musicisti, come nel caso dei quartetti di questi due geni di area tedesca, oggi ampiamente studiati ed eseguiti ma, nell’Italia dell’Ottocento, piuttosto lontani dalla pratica musicale quotidiana.
No comments