di Smeralda Nunnari
«Penso che una vita per la musica sia una vita spesa bene ed è a questo che mi sono dedicato» (Luciano Pavarotti)
L’omaggio della Camera di Commercio di Hollywood fa brillare sul marciapiede dell’Hollywood Boulevard la dedica della stella n. 2730 a Luciano Pavarotti, che con il potere straordinario della sua voce riesce oltre il tempo, oltre la vita a perpetuarsi spazi eccezionali e radiosi.
L’artista di fama mondiale, ambasciatore del bel canto, nasce a Modena, il 12 ottobre del 1935. Eredita dal padre Fernando la propria passione artistica, amante dell’opera e tenore dilettante nell’associazione corista non professionale Corale Gioachino Rossini, dove anche il giovane Luciano muove i suoi primi passi di una carriera che lo condurranno alla gloria e ad una fama mondiale.
Un lungo percorso artistico, che l’ha visto calcare, nel mondo, le scene dei palcoscenici più prestigiosi, collezionando record che l’hanno reso unico, tra cui l’applauso di 67 minuti, al Deutsche Oper di Berlino, per l’interpretazione di Nemorino, dall’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti. Per ben 378 volte, si è esibito alla Metropolitan Opera House di New York, intercalandosi in vari ruoli, di cui sessanta sono rappresentate dal personaggio di Cavaradossi, dalla Tosca di Giacomo Puccini, figura che, nel 1994, lo rende protagonista di un bis mai osato, né permesso al Met, dove il direttore James Levine, viene costretto a cedere, di fronte all’incessante applaudire, contravvenendo alla regola e il leggendario maestro a ripetere, meravigliosamente, l’affascinante aria E lucean le stelle.
Le parole di Peter Graffam Davis, critico del New York Times, successive al suo debutto, al Metropolitan di New York, nel 1968, testimoniano e delineano perfettamente la sconfinata straordinarietà della sua arte: «Mr. Pavarotti ha trionfato principalmente attraverso la bellezza naturale della sua voce: uno strumento luminoso e aperto con un bel suono metallico che si scalda in una lucentezza uniforme e brunita nella gamma media. Qualsiasi tenore che riesca a sbarazzarsi di Do acuti con tale abbandono, negoziare con successo delicati effetti diminuendo e attaccare frasi pucciniane con tale fervore conquisterà qualsiasi pubblico de La Bohème, e Mr. Pavarotti li ha avuti tutti ai suoi piedi.»
Un vero talento, capace di incantare e raggiungere platee vastissime composte da un pubblico appassionato di lirica e non, in grado di sgusciare dal belcantismo verso altri generi musicali, unendosi a personaggi di spicco del mondo musicale contemporaneo. Un maestro prestigioso, i cui consigli, elargiti ai suoi giovani allievi, riescono a dare vita ad interi spartiti, come accade per il brano cameristico, scritto dal compositore Raffaele Sargenti: “Keep the voice until…”, ovvero “Tieni la voce fino…” a quando riprenderà l’orchestra. Una composizione che deve la sua genesi, ma anche lo stesso titolo, a tale frase detta nel 1979, durante una masterclass, alla Juilliard School di New York, ad un giovane coreano, mentre canta E lucean le stelle dalla Tosca di Puccini. «Non vi ho visto soltanto un incitamento musicale – sottolinea Sargenti – ma anche un inno a godersi la vita e a esprimersi il più possibile nell’arte. Un po’ come ha fatto lo stesso Pavarotti che ha saputo dare valore alla lirica ma anche costruire ponti fra i generi musicali e mettere la sua arte al servizio di grandi cause.»
A pochi giorni dal 15esimo anniversario della sua scomparsa (6 settembre 2007), la stella di Luciano Pavarotti, brilla sulla Walk of Fame, collocata accanto a quelle di Sydney Poitier, Stan Lee, Ennio Morricone e Lina Wertmuller. Quindicesimo artista italiano a ricevere tale riconoscimento, sull’iconica strada, dove, già, tra i cantanti lirici “lucean le stelle” di Enrico Caruso, Renata Tebaldi, Beniamino Gigli e Andrea Bocelli.
Nel corso della cerimonia, trasmessa, anche, in streaming, la figlia Cristina, in rappresentanza di tutti i familiari e il direttore dell’Opera di Los Angeles, James Conlon, hanno reso omaggio al mitico tenore italiano. «L’ incredibile celebrità di Luciano – ha rilevato Conlon – si è estesa in tutto il pianeta, andando ben oltre i confini del teatro d’opera. Nel suo percorso per affermarsi a livello internazionale è uscito dagli schemi in modo pionieristico».
Cristina Pavarotti, accarezzando la stella incastonata, dedicata al padre, uomo e artista d’immensa e radiosa personalità, ha detto: «È un grande onore rappresentare mio padre in questa bellissima occasione e non so dirvi quanto desidererei che fosse qui. Se penso a lui, al valore e alla quantità delle cose che ha realizzato, alle strade che ha aperto e alle tante emozioni date e ricevute, provo ancora oggi un senso di vertigine». E ricorda momenti emblematici: «In camerino, circondato da pastiglie per la gola e umidificatori, completamente afono. Lo vedo fare no con la testa al direttore del teatro che voleva annunciare l’indisposizione. Perché, come gli avevo già sentito dire, si canta o non si canta, non ci sono scuse. Cantò poi come un funambolo sul filo, meravigliosamente».
Tale cerimonia ha dato l’incipit alle celebrazioni titolate a “Luciano Pavarotti, la Stella”, curate dalle case di produzione bolognesi Albedo Production di Cinzia Salvioli insieme a Genoma Films di Paolo Rossi Pisu. Inoltre, la città di Los Angeles ha conferito all’artista modenese il suo riconoscimento ufficiale più prestigioso, la City Resolution per i suoi meriti artistici, filantropici e umanitari. Ennesimo omaggio a un talento immenso, abituato a vincere e a cantarlo incantando, nei teatri di tutto il mondo, con Nessun Dorma, dalla Turandot di Puccini.
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