di Stefano Teani
A inaugurare la 67o edizione del Festival Puccini di Torre del Lago è l’assegnazione del 49o Premio Puccini. Sul palco la Presidente del Festival, Maria Laura Simonetti che, insieme alla dinamica e versatile Valentina Lo Surdo (anche quest’anno apprezzata presentatrice del Festival), annuncia al pubblico e premia Michele Girardi, noto musicologo e studioso di Puccini, che ha fatto del compositore lucchese il fulcro dei propri importanti studi. Sul palco anche il sindaco di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, che sottolinea l’importanza del Festival e di Puccini, in particolare in vista della candidatura di Viareggio a capitale europea della cultura nel 2024, anno in cui ricorrono i cento anni dalla morte del Maestro. Si prosegue poi con l’esecuzione del nostro inno – Il Canto degli Italiani – diretto da Alberto Veronesi, per celebrare il compleanno del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che compie oggi 80 anni. Buio, silenzio, finalmente comincia il capolavoro Pucciniano.
Fin dal primo momento, una scenografia curata e fedele fa pregustare una regia sobria, all’insegna dell’attenzione per la storia così come è descritta nel libretto. Per tutta la durata dell’opera, un forte senso del teatro ha pervaso ogni scena e ogni movimento, coinvolgendo il pubblico che, alla fine, ha tributato un indiscusso e meritato successo alla regista Stefania Sandrelli, che firma così la sua prima regia operistica. «L’arte e la musica sono uno straordinario strumento di educazione», aveva detto l’attrice viareggina, e molti sono stati gli spunti di riflessione scaturiti da questa regia ricca e sfaccettata. La riflessione sul tema della violenza contro le donne, per esempio, è evidente all’inizio del terzo atto, quando il luogo di supplizio del Cavalier Cavaradossi è tappezzato di scarpe femminili di colore rosso.
Determinante l’apporto di Andrea Tocchio che, oltre ad aver svolto un magnifico lavoro alle scene e ai costumi, ha saputo portare a termine al meglio il compito di “regista assistente”, supportando le idee della famosa attrice con la propria solida esperienza e competenza.
Buono il cast, composto da cantanti musicali e dotati. La protagonista, Hiromi Omura, ha proposta una Tosca scenicamente molto convincente. Vocalmente sicura, dotata di un registro grave profondo e drammatico, colpisce per la versatilità con cui alterna registri estremi e piccole enfatizzazioni parlate. Peccato per la dizione, non sempre perfettamente comprensibile a causa di un eccessivo arrotondamento dell’emissione sonora.
Buona la prova di Vincenzo Costanzo, dotato di una fisicità ideale per Cavaradossi, che però risulta meno pronto vocalmente. Preparato e indubbiamente musicale, ha risentito di una tendenza a spingere i suoni, forse per paura che il suono non corresse a sufficienza per la sala.
Vero protagonista della serata, Franco Vassallo ci ha regalato uno Scarpia memorabile. Con una padronanza assoluta del palcoscenico e della propria parte ha saputo dipingere un personaggio potente e psicologicamente ben connotato. La voce non ha avuto esitazioni, riuscendo a riempire una platea acusticamente difficile come quella di Torre del Lago senza mai eccedere e interpretando con gusto questo ruolo impegnativo.
Di particolare pregio molte parti secondarie, troppo spesso poco considerate. Bene l’Angelotti di Christian Federici, dalla dizione nitida e la voce sempre a fuoco; anche il Sagrestano di Gianni Luca Giuga ha convinto con la propria interpretazione sobria e scevra da eccessi. Nicola Pamio (Spoletta) appare molto efficace scenicamente. Dotato di una voce molto apprezzabile risulta un po’ troppo enfatico, con continui accenti che hanno affaticato la linea tendenzialmente discorsiva che
caratterizza il personaggio. Ottima prova per il giovane Michelangelo Ferri, che si intuisce essere sprecato per il ruolo di Sciarrone, dotato com’è di una voce vellutata e affascinante. Inquietante e austero il carceriere di Francesco Facini, ineccepibile e vocalmente pulitissimo, privo di tutti quei manierismi stucchevoli a cui siamo spesso abituati. Nota di merito anche per Gaia Niccolai, uno dei pastorelli più curati musicalmente che si siano mai sentiti.
Ottimo lavoro per il Coro del Festival, guidato da Roberto Ardigò e per il Coro delle Voci Bianche diretto da Viviana Apicella. Entrambe le masse corali si sono mosse sul palcoscenico con grande sicurezza, senza mai perdere il focus vocale; se aggiungiamo poi i costumi e i sapienti effetti di luce – curati da Valerio Alfieri – otteniamo un’atmosfera suggestiva che ha catturato l’attenzione del pubblico dell’inizio alla fine.
Anche l’Orchestra ha dato prova di conoscere bene l’opera e di reagire positivamente agli stimoli che la nuova direzione artistica sta proponendo. In più occasioni i Professori d’Orchestra hanno saputo salvare situazioni delicate, dovute a un’idea direttoriale non a fuoco. Se da una parte la direzione ha avallato ritardanti ruffiani non scritti, momenti di grande delicatezza rovinati da un’inspiegabile attaccamento alla pulsazione ritmica e continui portamenti stucchevoli, dall’altra il suono è quello di un’orchestra che cerca di fare meglio e di dare a questa musica la cura che merita. Più volte i cantanti sono apparsi un po’ persi e in difficoltà, come testimonia il piccolo incidente alla fine della celebre aria Vissi d’arte, in cerca di una guida che purtroppo non sono riusciti a trovare. Infine, impossibile non nominare le campane: assolutamente inaccettabili. Se da una parte è noto che questo strumento sia l’esempio tipico dell’incertezza di intonazione, dall’altra non è ammissibile che in Tosca – un’opera in cui il compositore ha meticolosamente studiato le distanze e i ritmi delle campane romane per creare una vera e propria sinfonia – i suoni artificiali e terribilmente stonati di una tastiera digitale rovinino completamente il suono dell’intera orchestra, in uno dei suoi momenti più toccanti.
Si conclude quindi una serata riuscita, già sold out da settimane, che testimonia la grande capacità di questo Festival di rinnovarsi ogni anno, dimostrandosi ambizioso ma nel rispetto di ciò che il Maestro – forse – avrebbe voluto.
La recensione si riferisce alla serata del 23 luglio 2021.
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