di Ruben Marzà
Esplorazioni di paesaggi sonori che si fanno retaggio di una cultura antica e apparentemente lontana dal nostro modo di fare e intendere la musica. Voci diverse e identificative di luoghi e tradizioni sparse ai quattro angoli del globo, ma sempre rielaborate attraverso il filtro della musica colta occidentale da compositori che a quelle tradizioni hanno voluto dare nuova linfa. Dal tango argentino ai modi persiani, dalle percussioni africane alle danze scozzesi, il viaggio ideato da Riccardo Guazzini vede il sassofono come unico e ambizioso protagonista, capace di evocare fantasmi di mondi altri e misteriosi.
Certo, l’opera di Astor Piazzolla (1921-1992), evoluzione di quel tango sbocciato nel crocevia di commerci e migrazioni che era l’Argentina tra Otto e Novecento, è ormai largamente assimilata dall’ascoltatore occidentale; ma questo non significa che essa abbia esaurito la propria carica espressiva, pronta a risorgere a ogni interpretazione consapevole e non manierata. I sei Tango Études trasportano il nuevo tango – tradizionalmente legato alla socialità e alla coralità, se non strettamente alla danza – nella dimensione introspettiva e intima dello strumento solo: il sax contralto è quindi costretto a farsi allo stesso tempo ritmo e melodia, canto espressivo e tamburo spietato. Il tutto portando alla luce una densità musicale e una complessità di struttura che elevano questi brani ben al di sopra di un mero esercizio di stile: attraverso le sei composizioni il tango viene rivelato in tutte le sue anime, a volte messe in violento confronto, come negli studi numero tre e sei.
La dimensione esotica irrompe invece in Majnun, scritto nel 2000 dal compositore iraniano Kamran Khacheh (1950): protagonista di una storia d’amore radicata nella tradizione persiana, Majnun diviene pazzo per non aver potuto sposare la donna amata, Leyli. Il brano si compone di una sezione meditativa e di una più movimentata in 7/8, il tutto arricchito da un uso dei quarti di tono che richiama i radif, i modi persiani, e che esalta il carattere pastorale del sax soprano.
Nasce invece in Tunisia Christian Lauba (1952), tra i più importanti compositori contemporanei per sassofono; il primo dei suoi Neuf études si richiama al balafon, strumento simile a uno xilofono, diffuso in numerose culture dell’Africa sub-sahariana. Il brano è probabilmente il più impegnativo del disco dal punto di vista tecnico, con un ampio uso di slap, multifonici, subtone e respirazione circolare – Lauba stesso lo ha definito «una progressione drammatica»: il timbro del sax contralto si fa qui particolarmente cangiante, tanto da avvicinarsi a quello del sax soprano, specie nella sezione iniziale.
Il cerchio si chiude con un autore classico della letteratura per sassofono, il francese Henri Tomasi (1901-1971), e con le sue Évocations per sax contralto: come in un gioco di scatole cinesi, il brano costituisce a sua volta un piccolo viaggio nelle tradizioni musicali del mondo, dal Perù alla Nigeria, dalla Cambogia fino alla Scozia. Una nuova occasione per esplorare le possibilità timbriche e le capacità evocative di uno strumento, il sassofono, da sempre incline al trasformismo e alla fluidità.
Un programma di grande fascino in un’interpretazione convincente, capace, malgrado la presenza di due soli sassofoni, di restituire una grande varietà timbrica, stilistica ed espressiva; un concept che non resta certamente limitato al programma di questo Vox, ma che potrebbe suggerire infiniti nuovi spunti, sempre legati a una rilettura colta delle innumerevoli tradizioni musicali del pianeta.
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Vox
Riccardo Guazzini – sassofono contralto e soprano
Ema Vinci 2021
Astor Piazzolla – Tango Études
Kamran Khacheh – Majnun
Christian Lauba – Neuf Études: Balafon
Henri Tomasi – Évocations
I. Péruvienne
II. Nigerienne
III. Cambodgienne
IV. Ecossaise
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