Milano – “Ad oggi si ritorna al punto zero. Restituiamo i soldi ai sauditi. Vedremo se ci saranno altre possibilità di collaborazione»: lo ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che è presidente del teatro al termine della riunione del cda parlando dei due bonifici da tre milioni e da centomila euro fatti dal ministro della Cultura Badr bin Abdullah bin Mohammed Al Farhan. Tramonta quindi prima di nascere l’ipotesi di un suo ingresso nel cda. La decisione di restituirli è stata presa, ha detto, «all’unanimità». Il sindaco ha poi precisato che la lista ristretta di possibili candidati a diventare il nuovo sovrintendente della Scala, in scadenza tra un anno, arriverà in discussione al cda entro maggio.
Il 4 marzo «è arrivato un bonifico di 3 milioni di euro e un secondo bonifico di circa 100mila euro da parte del principe saudita. Non riportano causali, il problema è che sono stati fatti non rispettando le linee guida sulle donazioni, tutti sono legittimati a sostenere la Scala, ma la Scala ha un codice e delle regole per accettarli. Così non è, quindi immediatamente vengano restituiti». È quanto detto dal sindaco di Milano. «Fino a oggi non sono stati su un conto della Scala, ma su un acconto di garanzia presso un notaio. Quindi a noi non sono mai arrivati e saranno restituiti», ha detto Sala.
Secondo le accuse di alcuni membri del cda nonché del presidente della Regione Attilio Fontana, Pereira non avrebbe discusso l’accordo con nessuno, sottoscrivendolo in autonomia, mentre viceversa il sovrintendente ha nei giorni scorsi assicurato di aver informato chi di dovere sulle trattative in corso con il governo saudita, ripercorrendo le tappe della vicenda nella relazione presentata nella mattina di lunedì al cda. Il sovrintendente sostiene di aver sempre informato non solo il sindaco e il governatore, ma anche il ministro e Salvini.
Non solo: Pereira ha precisato anche che il primo a proporre una collaborazione tra il teatro e i sauditi è stato il leghista Max Ferrari, consigliere regionale lombardo della Lega, nonché amico del vicepremier Matteo Salvini – che pure si è dichiarato ufficialmente contrario all’accordo – e collaboratore dello stesso Fontana. Da qui lo scambio di accuse, una settimana fa, tra il sindaco di Milano Giuseppe Sala – secondo il quale Fontana non poteva essere all’oscuro dei fatti come da lui dichiarato – e il governatore lombardo, che viceversa fa notare come Sala stesso – presidente della Scala, e il ministro per i Beni culturali Alberto Bonisoli , non potessero essere all’oscuro di tutti. A dimostrazione che tutta la vicenda ha molto di politico, oltre che di etico.
Insomma, un pasticcio di accuse e controaccuse, mezze informazioni e gioco delle parti che ora è arrivato al dunque e rischia di far saltare la poltrona del sovrintendente. Non nel senso di un licenziamento – anche se Fontana e altri membri del cda hanno affermato che il comportamento di Pereira avrebbe portato a un licenziamento in tronco in qualunque azienda – quanto nella mancata riconferma al suo mandato, in scadenza nel febbraio del 2020. Non c’è dubbio che la vicenda sia stata mal gestita da parte del sovrintendente, ma lo scarica-barile di queste settimane fa ritenere difficile che Pereira abbia deciso tutto in autonomia. D’altro canto, la rottura dell’accordo mette a rischio un progetto che, nonostante i dubbi sollevati da alcuni sull’opportunità di collaborare con un governo assai discusso sul fronte dei diritti umani e delle alleanze politiche, per la Scala aveva molti aspetti positivi.
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