Ci troviamo immersi in un’epoca musicale nella quale le band emergenti sono per lo più sperimentali: ovunque troviamo gruppi che ci presentano suoni artificiali, distorti, psichedelici e futuristici.
Nessun virtuosismo tecnico o sonoro: la voce del frontman (Daniele De Marinis) si staglia su una batteria potente, un basso dal suono secco e presente e una chitarra elettrica pungente. Le sonorità rock mi rimandano a quel mondo indie che sentivo lontano da qualche tempo. Le canzoni A Thorn Inside, Sunday e Another Stupid Love per esempio, rievocano lo stile dei The Strokes. In Through Time echeggia i Clap Your Hands Say Yeah.
I brani sono un susseguirsi di temi malinconici riguardanti la quotidianità e l’unica irrimediabile possibilità sembra quella di sfociare in un Another Plastic Sunday, l’ennesima domenica che appare finta e plastificata, uguale a quelle precedenti. I testi delle canzoni sono un tentativo di fuga dall’artificialità di giornate tutte uguali: in Escape De Marinis canta «And I need to destroy what I was, and I want to escape from this world».
Spesso i temi malinconici non coincidono con i suoi roccheggianti e ritmati; nel brano In The City, per esempio, la vivacità della chitarra elettrica si discosta totalmente dalle parole della canzone che parlano di impotenza e inadeguatezza. Nel ricordarmi il vecchio e caro indie rock, nel farci tornare indietro negli anni grazie alle venature punk, la band di Terni presenta, in realtà, una novità e una diversità nel panorama musicale attuale.
Fonte: Extra! Music Magazine
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