di Vanessa Lucarini
«Fare musica non vuol dire solo combinare inventiva ed emozioni: comporre significa mettere insieme ciò che si sa della musica e ciò che si sente» diceva il grande George Gershwin, e nella prima delle due serate in cui l’Orchestra Toscana Classica ha omaggiato il padre del musical americano questo connubio tra sapere e sentire si è realizzato appieno. La capacità tecnica degli esecutori infatti non ha lasciato indietro l’aspetto emotivo, avvolgendo la platea in un’atmosfera di dolce intimità nonostante le sedie distanziate.
Siamo nel cortile dello splendido Palazzo Medici Riccardi, l’orchestra entra accompagnata dagli applausi della platea. Il concerto si apre con Lullaby, dolce ninnananna scritta per orchestra d’archi da un Gershwin appena ventenne. Il compito di prendere per mano il pubblico e introdurlo nell’universo gershwiniano è affidato a volti altrettanto giovani, quelli dell’Orchestra Toscana Classica e soprattutto quello del direttore Stefano Teani, che a ventisei anni può già vantare una nutrita esperienza come direttore d’orchestra nell’ambito del repertorio sinfonico e operistico. Con slancio, Teani guida gli orchestrali in un’esecuzione che ondeggia sapientemente tra la dolcezza e la malinconia, e che a tratti commuove. Un’interpretazione molto delicata che la platea ha potuto gustare fino in fondo grazie anche all’ottima acustica.
E dopo la ninnananna ecco che il cortile mediceo si tinge di musical con l’ingresso di un’elegantissima Elena Di Leo (a cui sono affidate le parti vocali) e del pianista Fernando Ramsés Peña Diaz, che con la sua abilità si è dimostrato vero protagonista della serata. Oltre a essere un esecutore brillante (la magistrale interpretazione di Rhapsody in Blue lo dimostra), il pianista messicano si presenta in questo caso anche in veste di arrangiatore. È attraverso i suoi arrangiamenti che tra le mura di palazzo Medici Riccardi abbiamo rivissuto successi senza tempo come Summertime (dall’opera Porgy and Bess) e per un attimo ci siamo sentiti nell’America degli anni Trenta, tra gli afroamericani dell’immaginaria Catfish Row. Buona anche l’esecuzione di Elena Di Leo, particolarmente intensa nel brano I Loves You Porgy.
Uno spettacolo decisamente piacevole e coinvolgente, coronato in chiusura dal ritmo travolgente di I Got Rhythm, che abbiamo sentito per ben due volte perché a uno spettacolo così non poteva mancare certo il bis!
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