di Federica Rossi
L’Amadeus Piano Duo, formato dai pianisti veronesi Valentina Fornari e Alberto Nosè, nasce nel 2014 da una passione reciproca manifestata fin dalla tenera età. La capacità di unire la loro maturità musicale e le loro importanti esperienze solistiche, ha dato vita ad una formazione cameristica che presenta oggi una brillante carriera sia in Italia che all’estero.
Sono regolarmente invitati a tenere masterclass e a far parte, in qualità di giurati, in concorsi pianistici nazionali e internazionali. Attivi anche nell’ambito dell’insegnamento, hanno fondato l’Accademia Amadeus per la quale tengono corsi di perfezionamento. Sono organizzatori del concorso pianistico internazionale Amadeus Competition e fondatori dell’etichetta discografica indipendente Amadeus Sound Project, per la quale hanno registrato il loro primo album “The Art of Amadeus Piano Duo” nel 2019.
Come vi siete conosciuti?
Valentina: ci siamo conosciuti da bambini, io avevo sei anni e Alberto otto. Facevamo parte di due scuole pianistiche con la stessa metodologia ma in constante rivalità. Questo aspetto, spesso, per non dire sempre, non ci permetteva di poter “essere amici” e di giocare spensierati o passare del tempo insieme quando ci si incontrava nei concorsi pianistici a cui partecipavamo. C’è un po’ di Romeo e Giulietta in questo, se pensiamo che entrambi siamo di origine veronese e di due fazioni musicali in contrasto!
Crescendo, ci perdemmo di vista per moltissimo tempo. Alberto iniziò una carriera stellare che lo portò ad esibirsi in tutto il mondo e poi a trasferirsi in Polonia. Io, nel frattempo, mi approcciavo alla didattica ed entrai a far parte, in qualità di docente, presso un’accademia musicale; avevo allievi bravi e di talento e sentivo la necessità di essere supervisionata da un “Grande della musica”. Fu allora che chiesi ad Alberto se era interessato a tenere delle masterclass per l’associazione dove insegnavo. Accettò con grande entusiasmo e da lì ripartì la nostra amicizia. Per altri motivi, le nostre strade si separarono di nuovo. Ci ritrovammo, nel 2013, in un posto abbastanza inusuale per due pianisti: Rimini. Io ero in viaggio con mia cugina e lui con i suoi amici. Da quel momento non ci lasciammo più.
Non c’è mai stata invidia o competizione tra di voi?
Valentina: no assolutamente, c’è sempre stato molto rispetto e molto sostegno. Sono fortunata perché Alberto, nonostante abbia tutte le qualità e le carte in regola per essere “un grande” non c’è mai stata una volta in cui mi abbia fatto sentire inferiore. C’è sempre stato pieno sostegno e pieno rispetto. In un duo questo è sicuramente un valore aggiunto. Ho sempre avuto ammirazione nei suoi confronti e non c’è mai stata rivalità tra noi. A volte bisogna rendersi conto delle qualità della persona che si ha davanti e cercare di apprezzarle. È una persona di un’umiltà incredibile e io mi sento fortunata ad averla al mio fianco.
Essendo un duo nella musica e un trio nella vita, poiché siete genitori di un bellissimo bambino, passate molto tempo insieme. Conoscersi così a fondo può essere una cosa positiva?
Valentina: è essenziale la conoscenza e il rispetto reciproco. Quando si parla di duo pianistico si indica una fusione dal punto di vista interpretativo, tecnico e di programmazione tra studio e prove. Il fatto di vivere insieme, come aspetto organizzativo, è fondamentale; l’unione, lo stare insieme, il rispetto dei tempi per la preparazione e la maturazione del brano sono aspetti importanti da creare insieme. Quindi, conoscersi a fondo è una cosa positiva: ci fidiamo ciecamente l’uno dell’altro.
Non avete mai avuto bisogno di evadere per poter stare un po’ in solitudine?
Alberto: stranamente no. Viviamo una vita felice e quando lavoriamo ci divertiamo, non sento l’esigenza di stare da solo. Siamo sempre state due persone molto indipendenti, essendo musicisti e docenti in carriera, ma non perdiamo mai la voglia di condividere i momenti della quotidianità insieme.
Valentina: no, è paradossale ma non ho mai avuto la necessità di stare per conto mio. Non riesco a stare senza di lui, sembra quasi che mi manchi una parte. Nelle coppie odierne tutti hanno un gruppo di amici per evadere dalla routine, io non sento nemmeno l’esigenza. Se ho bisogno di un’ora d’aria, vado a fare una passeggiata con lui.
Nell’ ultimo disco possiamo ascoltare una trascrizione per due pianoforti de I pianeti op.32 di Gustav Holst. Cosa vi ha indotto a suonare questo repertorio? Quanto è importante per voi, al giorno d’oggi, puntare alla proposta di musica ancora poco esplorata?
Valentina: siamo sempre stati attratti e incuriositi dalle trascrizioni originali dei compositori. Saper adattare la scrittura orchestrale, utilizzando l’aspetto timbrico, musicale e tecnico del nostro strumento, ci ha sempre affascinato. Per noi è molto importante far conoscere un programma innovativo poco esplorato. È bello poter eseguire compositori meno noti e far apprezzare al pubblico nuove composizioni. Il prossimo progetto, infatti, ci vedrà coinvolti nella realizzazione dell’opera omnia di Thèodor Gouvy.
Alberto: suonare musica nuova crea un interesse dal punto di vista della ricerca musicale. Nella musica in generale c’è sempre stato l’aspetto commerciale e una certa moda da seguire, ecco perché certi pezzi si conoscono di più rispetto ad altri. Non per questo, però, le cose meno conosciute devono avere meno valore. Inoltre, dal punto di vista discografico può essere più interessante presentare nuovi pezzi.
Preferite suonare a quattro mani o a due pianoforti, e quale delle due formazioni credete possa essere più̀ ostica?
Valentina: adoro tutto il repertorio ma prediligo il quattro mani, nonostante suonare in due strumenti distinti risulta più comodo. Presentano entrambi difficoltà ma, a mio avviso, quello più ostico è la formazione a due pianoforti per: l’equilibro dei suoni, la distanza fisica e visiva che richiede una precisione nella sincronia che deve essere perfetta. Nel quattro mani, invece, è il senso dell’unicità che non deve mai mancare, essere un’unica entità.
Alberto: sono due formazioni bellissime e nello stesso tempo molto diverse. Con il quattro mani hai una sorta di connessione con l’altro artista, una sorta di intimità e la vedo in maniera più cameristica. Con due pianoforti si ha una contrapposizione maggiore fra due entità che si amalgamano e si scontrano allo stesso tempo; la percepisco come una formazione da concerto. Logisticamente è più comoda ma presenta una mancanza di collegamento del pensiero.
Valentina, oltre al progetto del duo pianistico, so che sei la fondatrice dell’Accademia Amadeus Piano Project più importante a Valeggio sul Mincio, com’è nata e cosa offri ai tuoi allievi?
L’accademia è un sogno che si avvera dopo 11 anni di attività sul territorio. Si è concretizzato perché le mie piccole “allievine”, di sei e sette anni, stavano diventando grandi e si stavano per diplomare. Come insegnante, vedere la realizzazione dei propri allievi, ti appaga e ti fa capire, guardando il risultato, che hai percorso la strada giusta. Volevo aiutarle e dare loro la possibilità di farle entrare nel mondo del lavoro. Così, nel 2014, con Alberto abbiamo creato questa accademia con l’intento di formare i piccolissimi offrendo opportunità professionali in un ambiente di rispetto e di tranquillità con percorsi didattici individualizzati. Questo è stato possibile grazie anche al mio interesse per la psicologia e a i miei anni di formazione in musicoterapia presso l’Università di Bristol che mia ha permesso di fondare la mia metodologia didattica sul concetto di empatia e di rispetto dei tempi di apprendimento di ogni singolo studente. Allo stesso tempo Accademia Amadeus offre l’opportunità a giovani pianisti già formati di approfondire il loro percorso attraverso masterclass con pianisti/concertisti internazionali come il nostro Alberto Nosè. Rapidamente ci siamo espansi, aprendo nuove filiali a Lazise e sul lago di Garda, dove le mie prime studentesse sono diventate didatte e hanno avuto ruoli importanti nella gestione delle sedi staccate. Lo scopo è di creare nuove possibilità per i giovani per intraprendere la carriera del didatta, del concertista, del manager e dell’organizzatore di eventi come rassegne concertistiche.
Oltre all’accademia avete avviato nuovi progetti come il concorso e la casa discografica, in che cosa consistono?
Alberto: Amadeus Sound Projet è la nostra etichetta discografica, nata nel 2019. Sono sempre stato un audiofilo e un appassionato degli stadi della riproduzione acustica mediante sistemi elettronici. Mi ha sempre attirato l’aspetto tecnologico del suono: la ripresa, la registrazione e il confezionamento di un prodotto dal punto di vista hi-fi.
L’Amadeus Piano Competition, invece, nato nello stesso anno, è il concorso, in collaborazione con il Comune di Lazise. È riservato a pianisti provenienti da tutto il mondo e di qualsiasi nazionalità.
Offrire opportunità ai giovani è la base e lo scopo della nostra accademia e del nostro lavoro.
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