Wanderer Without Words. Schubert Wagner Mahler.

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di Giulia Vazzoler

Esce per Alpha Classics l’album di debutto della pianista cheffe de chante francese Juliette Journaux, dedicato al tema del Wanderung. Tre gli autori affrontati: Schubert, Wagner e Mahler. Fatta eccezione per il Lied d’apertura, Der Wanderer, proposto nella trascrizione lisztiana, e per i Drei Klavierstücke D.946, Wanderer without words propone una scelta di musica vocale operistica e da camera, trascritta per pianoforte dalla stessa Journaux.

Fra la dozzina di trascrizioni schubertiane offerte per la pubblicazione a Diabelli, la versione di Der Wanderer di Liszt è abbastanza fedele all’originale, e per questo è l’unica trascrizione lisztiana utilizzata da Journaux in questo album. La pulizia e la chiarezza dell’esecuzione sembrano essere la cifra distintiva della pianista francese, che rifugge il virtuosismo gratuito valorizzando invece l’iridescenza della scrittura schubertiana, che già da sé ben trasmette l’inquietudine e il tormento del viandante alla ricerca dell’indefinibile.

Ciò è particolarmente evidente in In der Ferne, che inaugura la seconda parte del disco. Qui, Journeaux ha deliberatamente rinunciato all’autocompiacimento del brillante approccio lisztiano, riscrivendo il Lied con il filtro dello chef de chante, e ponendo l’accento sul testo. Ogni strofa ha la sua scrittura: la maledizione della prima è resa con armonie sobrie e una semplice scrittura omofonica verticale, alla quale è stata aggiunta la linea vocale sulla mano destra. La seconda strofa interpreta le particolarità di espressione del viandante: la febbre, le lacrime, i brividi, sono resi con movimenti di arpeggi che corrono dall’alto al basso. La lacerazione vera e propria arriva con la terza strofa, dove il movimento ciclico delle semicrome si ingrossa progressivamente, e i tremoli tumultuosi portano al climax dell’accordo finale.

A servizio del testo poetico anche la trascrizione del Wandrers Nachtlied, dove Journeaux riesce nella raffinatezza di trascrivere in musica il ritmo dattilico dei versi di Goethe.

Wotan, il viandante della mitologia germanica e norrena, si palesa all’inizio del terzo atto del Siegfried wagneriano, quando compare lungo il sentiero che conduce alla roccia di Brünhild ed evoca Nerthus, la dea della terra (Mein Schlaf ist Träumen). Concentrare in una partitura pianistica la possenza dell’orchestra wagneriana e i vertiginosi cambiamenti armonici che scuotono Wotan, imprigionato nella morsa dei suoi demoni, è impresa difficile, ma perfettamente alla portata di Journeaux, che non si concede alcuna libertà di scrittura ma resta fedele al senso della partitura originale. Allo stesso modo, in Ich bin der Welt, la straordinaria polifonia mahleriana – che ha già espunto il rapporto gerarchico fra melodia e accompagnamento – è ben resa nella trascrizione pianistica.

L’atto estremo del Wanderer, l’addio e la rinuncia al mondo, è rappresentato da Der Abschied, tratto da Das Lied von der Erde di Mahler, che conclude il programma. La trascrizione di Journeaux inizia dopo il lungo interludio orchestrale che precede il primo verso del poema di Wang Wei, e combina elementi della riduzione per voce e pianoforte dello stesso Mahler e di Josef von Wöss. Anche qui, riportare la ricchezza del timbro dell’orchestra mahleriana, dando importanza a ogni motivo musicale senza trasformare il pezzo in una parafrasi lisztiana, è impresa ardua. Questa volta la riduzione altera necessariamente l’equilibrio della prospettiva sonora, portando a una certa secchezza nella prima parte e a un lirismo quasi romantico nella seconda. Efficace comunque la resa della partitura mahleriana, a tratti sferzante, e la sua sinuosa polifonia.

 

 

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